Letta, ovvero il re taumaturgo

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Invidio quella abilità che un giorno fece dire a Giovan Battista Casti (1724 –1803) «Vincasi per virtude, ovver per frode, | È sempre il vincitor degno di lode»

Lo confesso, sono tremendamente invidioso (visto che a me non riesce) di chi, da un giorno all’altro, ratto come un fulmine, sale sul carro del (presunto) vincitore. I sintomi di questa inclinazione, diffusa ad ogni latitudine, li scorgo oggi nel PD dove, all’approssimarsi dell’assemblea nazionale che eleggerà il nuovo segretario, non trovi un cane che esprima non dico dissenso, ma nemmeno un piccolo dubbio, sul già incoronato Enrico Letta. Quasi che egli fosse uno di quei re taumaturghi i quali, con la sola imposizione delle mani, guarivano i sudditi dalle malattie.
Comprendo il sollievo dei molti che, dentro una situazione incasinata, avvertivano il rischio di dover nominare segretario il cavallo di caligoniana memoria. Per cui, aver richiamato da Parigi Enrico Letta, è stata senz’altro la soluzione migliore. Si tratta di persona seria, capace, uno che, a differenza di molti seduti in parlamento, ha letto libri e conosce il mondo.
Le sue prime parole confortano questo mio giudizio: «non cerco l’unanimità, io cerco la verità….». E’ una buona premessa, a cui ne è seguita un’altra, quella di portare la discussione fra gli iscritti. Magari si fosse fatto prima! Probabilmente si sarebbero risparmiati dolori e afflizioni alla sinistra italiana.
Tuttavia non basta il curriculum vitae unito alle buone intenzioni e dunque non mi uniformo ai cori di Serafini e Cherubini che cantano le lodi al salvatore. Discutere va bene, ma l’argomento?
Il tempo è maturo, anche perché non ne è rimasto molto, per ragionare senza doppiezze di cosa sia diventato il PD, in che modo si dovrebbe trasformare e in quale direzione andare.
L’ho detto e l’ho scritto: «dentro il delicato passaggio pandemico, dove si riscriveranno le regole per il prossimo futuro, è importante starci con le idee, con una visione del mondo». Tradotto in soldoni significa: da quale parte vuole stare il PD in quella che sarà una enorme trasformazione economica e sociale? Il principio essenziale è semplice e ricalca quello che disse Pietro Nenni riguardo al socialismo, «portare avanti tutti quelli che sono nati indietro». Ergo, prima di sperticarci in elogi, vediamo in quale direzione Letta vuol drizzare le vele.
Non nascondo di aver fiducia, con lui la serietà tornerà al potere. Ne avevamo bisogno, dopo che la politica è stata appaltata per troppo tempo (a destra e a sinistra) a saltimbanchi e imbonitori.
Io desidero ardentemente quella compostezza austera, talvolta noiosa, che però affronta i problemi con competenza e non delega le scelte alla burocrazia e ai tecnocrati.
Ad esempio, uno dei grandi temi che abbiamo davanti è quello che, nel piano per la ripresa dell’Europa, è legato alla transizione ecologica. Questo significa un cambiamento della politica e delle opzioni di modello economico. Si tratta di dare corpo e sostanza ad un ambientalismo del tutto nuovo, legato all’equità sociale e alla difesa del welfare. Non sarà uno scherzo! Per questo mi inquieta l’unanimismo che rischia di crearsi sul nome di Letta, perché dentro il PD, riguardo a tali temi, ci sono visioni diverse. Come vedete non ne faccio una questione di nomi, ma di progetti. E la competizione tra idee richiede conoscenza. Occorre studiare, imparare, non solo spippolare sulla tastiera come in molti sono ormai abituati a fare. Non basta dunque un buon segretario, insieme a lui ci vogliono uomini e donne disposti all’impegno, non per se stessi ma per un bene più alto, quello della collettività. La sfida è aperta.

Tags: Partito Democratico Enrico Letta

Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.