Scemo chi legge e fesso chi si dimette

. Inserito in #madecheseragiona

Chi si ricorda di Josefa Idem costretta a dimettersi da ministro per il mancato pagamento dell’Imu? Eppure correva l’anno 2013 mica un secolo fa. Chi si ricorda di Maurizio Lupi o di Federica Guida, entrambi ministri e entrambi dimessi perché il loro nome era finito in un’inchiesta giudiziaria, pur non essendo indagati? Eppure correva l’anno 2015 mica un secolo fa.

Potremmo continuare ma sarebbe inutile. Abbiamo tutti la memoria corta perché questo è un paese dove per principio non ci si deve mai dimettere e chi lo fa è un povero fesso.

Non funziona così oltre confine dove una ministra tedesca si è dimessa per aver copiato la tesi di laurea e un ministro inglese se ne è andato per aver caricato una multa sulla patente della moglie. Peccati veniali che da noi verrebbero accolti da un sorriso.

Non faccio il moralista, non ne ho le qualità, ero e sono un garantista se non altro perché ho provato sulla mia pelle ludibrio e accanimento e quindi rimango convinto che fino a sentenza definitiva vale la presunzione di innocenza.

Epperò sono anche convinto che chi fa politica ha il dovere di assumersi responsabilità e doveri superiori a quelli di un qualunque cittadino. Le dimissioni servono a questo, a tornare con i piedi per terra, per non contare su protezioni, omissioni e paracaduti.

Un grande statista sosteneva che «si è eletti per operare; e non si opera per essere eletti», perciò l’uomo pubblico che vuole conservare gelosamente il proprio onore deve aver cura di non legittimare nemmeno il dubbio. Come ebbe a dire il grande Gaio Giulio «la moglie di Cesare non deve essere neppure sfiorata dal sospetto».

Se oggi si applicasse questa massima metà delle assemblee elettive scomparirebbe in un buco nero. Ci sono ministri e sottosegretari accusati di bancarotta, altri di rivelazioni di segreti d’ufficio, altri di sottrazione fraudolenta. Parlamentari a mano armata e altri a mano morta. Gente che dice «se fossi stato a conoscenza di una eventuale indagine non mi sarei candidato» ma intanto rimane dov’è.

Dino Zoff, all’indomani delle sue dimissioni da CT, chiosò con una punta di amarezza, «In Italia le dimissioni sono un atto rivoluzionario. Fuori dal sistema. Puoi comprare un arbitro, puoi vendere una partita; il sistema ti riassorbe. Se ti dimetti, se ti chiami fuori, il sistema ti cancella. E non puoi fare la rivoluzione da solo». Amen

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.