Il ricordo di Piera, sopravvissuta all’eccidio di Vallucciole

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Un evento emozionante quello che si è svolto domenica scorsa nella Chiesa di San Marco ad Alberoro

Un momento tanto emozionante quanto drammatico è stato ripercorso domenica 28 aprile, nella Chiesa San Marco di Alberoro, in occasione delle Cresime dei ragazzi del paese.

Era il 13 aprile del lontano 1944 quando si compì la prima strage di civili nella nostra provincia, un eccidio fra i più crudeli della seconda guerra mondiale; in alcuni borghi vicino Stia, Serelli, Monte di Gianni, Molin di Bucchio e Vallucciole furono uccise 109 persone, uomini, donne e bambini.

Piera, una bambina di quattro anni, riuscì, insieme alla mamma a scampare alla morte fuggendo prima nel vicino bosco e in seguito trovando riparo nel paese di Papiano, il padre Marco, la nonna Maria, il fratello Livio e sorelline Ofelia ed Isolina trovarono la morte.

Vidi la mamma allontanarsi pian piano dalla fila dove eravamo schierate insieme ad altri per essere ammazzate – così inizia il racconto Piera-; la seguii senza alzare lo sguardo, a piccoli passi, aggrappandomi alla sua gonna; raggiungemmo le scale di casa e, saliti i primi gradini, sobbalzammo per il vicino crepitio di armi: un gruppo di soldati stava fucilando uomini, donne, bambini presenti nella piazzetta di Monte di Gianni. La mamma mi prese per mano sollevandomi di peso e in pochi secondi salimmo gli scalini rimanenti, entrammo in casa, ci dirigemmo in camera da dove insieme, saltammo dalla finestra e corremmo verso il bosco. Arrivammo a Molin di Bucchio – continua Piera - dove rimanemmo fino all’imbrunire. Quando ci accorgemmo che i soldati si erano allontanati la mamma mi prese in braccio e ci dirigemmo verso Papiano dove abitavano dei parenti del babbo che ci accolsero in casa”.

Domenica, durante la cerimonia religiosa, Piera Michelacci Bracciali, che da anni vive ad Alberoro insieme alla sua famiglia, ha ricevuto l’omaggio del vescovo Andrea Migliavacca, che le ha donato un rosario di Papa Francesco e di tutti i suoi compaesani che l’hanno stretta in un abbraccio simbolo di vicinanza ed affetto.

Sono trascorsi 80 anni da questo massacro e il suo ricordo, anzi la sua memoria, deve essere gelosamente custodita come appello per la pace, come ‘obiettivo’ da conquistare giorno dopo giorno.

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