Tutta colpa della pandemia

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In provincia di Arezzo manca un sistema creditizio legato al territorio, le Pmi dovranno rivedere i propri modelli di sviluppo per restare competitive. Così come il settore turismo, sul quale convergono commercio, agricoltura e servizi, dovrà puntare sul turismo slow

Inventiva, voglia di rimboccarsi le maniche e buona politica, quella capace di prefigurare il futuro, sono state alla base del “miracolo italiano”. Da allora è passato un sacco di tempo eppure, tranne rarissime eccezioni, le produzioni italiane non hanno più rappresentato, a livello mondiale, un punto di riferimento per le innovazioni tecnologiche, per la qualità della progettazione, del lavoro e del design.
Qualche esempio delle eccellenze che segnarono quel periodo: Vespa Piaggio, Moplen, i mitici elettrotreni veloci degli anni 50 e 60, Settebello e Arlecchino, Il primo personal computer della storia: l'Olivetti Programma 101, la Fiat 500.
Eravamo usciti con le ossa rotte dal conflitto mondiale eppure, nel giro di pochi anni, il reddito pro capite tornò su livelli precedenti alla guerra e in breve ci fu un balzo in avanti di molti punti.
Affermare che oggi siamo nella situazione disperata del dopoguerra è una forzatura, tuttavia non è un momento facile. Tutta colpa della pandemia? In buona parte, ma il problema non è solo quello. Perché, lo dicono i numeri, in una provincia come la nostra, non ci eravamo ancora ripresi dalla crisi del 2008.
Il problema dunque è strutturale. Ecco perché è importante capire in quale direzione muovere.
Oggi, nonostante l’emergenza non sia superata, entriamo in una fase piena di prospettive perché mai, dalla fine della seconda guerra mondiale, tante risorse saranno messe a disposizione per la crescita e lo sviluppo. La domanda è per quale tipo di crescita e quale tipo di sviluppo. Perché il COVID, oltre a una economia in affanno, ci lascia in eredità un paese impoverito, dove, lo dicono le ultime statistiche dell’ISTAT, nel 2020 ci sono un milione di persone in più in povertà assoluta e assistiamo a un calo record dei consumi, tornati al livello di 21 anni fa. Chi pensa che tutto debba e possa tornare come prima, mostra di non aver capito niente, lo stesso di chi si accontenta di rattoppare i buchi. Occorre un salto di qualità nella proposta e nei progetti.
Fino a qualche tempo fa la fortuna di un territorio era data dalla presenza di risorse naturali ed infrastrutture efficienti, cui si aggiungevano tradizioni produttive di antica data. Oggi, questi elementi, contano meno e la differenza la fanno le persone con il loro capitale umano e la loro creatività. La stessa che fece gridare al miracolo italiano negli anni cinquanta e sessanta.
Nella nostra Provincia, molto diversificata dal punto di vista economico, ricca di Piccole e Media Imprese, di una rete commerciale diffusa, di una presenza turistica in crescita, di un'agricoltura di qualità, occorrerà impegnarsi molto di più che in altre aree. Alle Pmi toccherà rivedere a fondo il proprio modello e la propria presenza sul mercato per restare competitive. Così come per il commercio occorrerà puntare con maggiore decisione sulla leva del digitale per integrare negozi e canali online. Il turismo, sul quale convergono anche commercio, agricoltura e servizi, dovrà ripensare a fondo il modello, puntando sul turismo slow, sulla qualità dei centri storici e sull’ambiente. La stessa qualità che si richiede all’agricoltura per integrarsi non solo sulle reti dell’export, ma sull’offerta enogastronomica. Ma tutto questo non potrà realizzarsi se non si attivano alcune leve importanti: la scuola e la formazione, la struttura burocratica e il credito. In pochi ad esempio si interrogano su quanto pesa e quanto peserà in futuro l’assenza di un sistema creditizio legato al territorio. Su tutto questo la politica appare afona. Ecco un altro limite: una politica immobile, bisognosa anch’essa di modernizzazione.

Foto credits: Filomagazine

Stime preliminari povertà assoluta e delle spese per consumi 

L’Istat diffonde le stime preliminari della povertà assoluta per l’anno 2020 insieme alle stime preliminari delle spese per consumi delle famiglie che costituiscono la base informativa per gli indicatori di povertà assoluta. Le stime definitive saranno rese disponibili, rispettivamente, il 16 e il 9 giugno 2021. I dati sono quindi suscettibili di revisioni, ma offrono un quadro chiaro delle conseguenze che la grave crisi economica prodotta dalla pandemia e dall’emergenza sanitaria ha determinato sulle condizioni di vita delle famiglie nell’anno appena passato.

La povertà assoluta torna a crescere e tocca il valore più elevato dal 2005.

Le stime preliminari del 2020 indicano valori dell’incidenza di povertà assoluta in crescita sia in termini familiari (da 6,4% del 2019 al 7,7%, +335mila), con oltre 2 milioni di famiglie, sia in termini di individui (dal 7,7% al 9,4%, oltre 1 milione in più) che si attestano a 5,6 milioni.

Nell’anno della pandemia si azzerano i miglioramenti registrati nel 2019. Dopo quattro anni consecutivi di aumento, si erano infatti ridotti in misura significativa il numero e la quota di famiglie (e di individui) in povertà assoluta, pur rimanendo su valori molto superiori a quelli precedenti la crisi avviatasi nel 2008, quando l’incidenza della povertà assoluta familiare era inferiore al 4% e quella individuale era intorno al 3%. Pertanto, secondo le stime preliminari del 2020 la povertà assoluta raggiunge, in Italia, i valori più elevati dal 2005 (ossia da quando è disponibile la serie storica per questo indicatore).

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.