Ogni chiodo ha la sua ruggine: il carrarmato castiglionese

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Da diversi anni il così detto “carrarmato” è stato trasferito da Piazzale Garibaldi alla zona del Pallaio.

Sinceramente avrei scelto una collocazione migliore che non un ritaglio di posteggio malmesso. L’avrei preferita perché è un peccato mortale “maltrattare” le vestigia della storia, tanto più quando raccontano di fatti accaduti vicino a noi e la vicenda del “carrarmato” è proprio una di quelle.
Intanto c’è da dire che non è un carrarmato, si tratta infatti di uno Sturmgeschütz III, noto come Stug. III, cioè un cannone semovente che, nella campagna d’Italia, fu utilizzato con successo all’interno della strategia difensiva germanica perché, grazie al basso profilo della sagoma, era adattissimo per le imboscate e gli agguati.
Ma com’è che uno Stug. III è capitato a Castiglion Fiorentino?
Si racconta che il mezzo appartenesse alla 15ª divisione Panzergrenadier, un’unità che, nell’estate del 1944 si stava ritirando, incalzata dagli alleati, dalla Linea Albert (Linea del Trasimeno). Mentre una lunga colonna attraversava il ponte delle Capannacce, quest’ultimo crollò e lo Stug. III precipitò nel vuoto.
Non c’era tempo per recuperarlo e un ufficiale ebbe l’idea di utilizzare il carro come appoggio per il transito degli altri veicoli. Passato il fronte il mezzo fu smontato pezzo per pezzo e della parte originale rimase solo lo scafo inferiore, ben presto ricoperto dalla vegetazione.
Nel luglio del 1991, grazie alla locale Sezione Carristi in Congedo, venne avviata l’opera di recupero a cui collaborarono la ditta Menci S.p.A. e il Ministero della Difesa che fornì i disegni necessari per il restauro. Con un’accurata elaborazione al computer si realizzarono le parti mancanti e lo Sturmgeschütz ritornò a nuova vita anche se, a detta degli esperti, più che di restauro sarebbe corretto parlare di ricostruzione.
Al momento della sua collocazione a Piazzale Garibaldi, il 30 maggio 1993, non mancarono le polemiche. Ad alcuni sembrava inconcepibile celebrare uno strumento di morte, altri sollevarono l’inopportunità del gesto, visto che si trattava di un mezzo tedesco. Con il passare del tempo le controversie si sono affievolite e lo Stug III è diventato parte integrante del panorama urbano castiglionese.
Tuttavia mi sorge il dubbio che quel mezzo continui a rimanere antipatico a qualche benpensante. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui sia stato relegato in un angolino anonimo e oscuro del paese. Quel memoriale meriterebbe ben altra sorte. Ben pochi sono infatti in Italia i mezzi militari del secondo conflitto, recuperati e ricostruiti con tanta attenzione. Ma quello che più importa è la conservazione e la trasmissione della memoria che mal si conciliano con l’abbandono e l’incuria in cui versa il carrarmato. Non è un’opera d’arte, tuttavia rimane una testimonianza storica di grande valore e lasciarlo in pasto alla ruggine e alle ingiurie del tempo non mi pare per niente giusto.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.