Giovani “nemici-amici” contro l’odio. Il messaggio di pace di Rondine riparte da Firenze

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Nel Salone dei Cinquecento, gli studenti ed ex studenti della Cittadella, hanno accesso la fiaccola della speranza. Un israeliano e un palestinese, una giovane russa e un’ucraina a dialogo per costruire la pace

 Un messaggio difficile, forte e necessario. “Il vero nemico è la guerra”.

È quello che dal Salone dei Cinquecento, in occasione dell’evento promosso dal Comune di Firenze, hanno lanciato gli studenti ed ex studenti di Rondine Cittadella della Pace, raccogliendo il testimone ideale di Giorgio La Pira.

È la pace, appunto, l’unica speranza per un futuro che possa definirsi tale, non solo per noi ma, soprattutto, per le generazioni future, quelle che a Rondine crescono secondo un Metodo che insegna ad affrontare i conflitti e alla convivenza con il ‘nemico’.

E sono stati proprio gli studenti ed ex studenti della Cittadella, intervistati da Agnese Pini, direttrice dei quotidiani QN, e accompagnati dal sindaco di Firenze e da Franco Vaccari, fondatore e presidente di Rondine, a ricordare alla platea, numerosa, attenta e silenziosa, l’importanza di un messaggio difficile da veicolare in questi tempi di guerre.

«Siamo fratelli e sorelle, fratelli e sorelle che provengono da Paesi in guerra – ha sottolineato Salomon, studente maliano della Cittadella della Pace, laureato in Ingegneria biologica che ha affrontato uno dei tanti conflitti dimenticati su cui Rondine lavora da ventisei anni –, e più si scopre l’altro più si vede sé stessi», evidenziando come la pace sia un percorso relazionale che inizia dentro di sé prima che con gli altri.

«Un aspetto del dolore immenso che proviamo è legato alla perdita della speranza e della capacità di provare empatia con l’altro. Questa è la tragedia della guerra, una corruzione morale e umana di tutti che porta a giustificare, normalizzare, razionalizzare la violenza, la morte e la distruzione reciproca. E quando non sentiamo il dolore dell’altro siamo meno umani e questo ci porta a cercare di giustificare razionalmente quello che vediamo tutto intorno», ha affermato Noam, ex studente israeliano di Rondine, oggi Project manager del Quarto Anno, formatore e divulgatore presso gli studenti italiani del Metodo Rondine.

E Loai, primo studente palestinese di Rondine, ha ricordato che: «Le guerre non servono a nessuno. Sono uno strumento violento per toglierci la vita. Gli ostaggi, le stragi, i bambini uccisi. Questo dolore iniziato nel passato dura ancora. E finché non finirà questa maledetta guerra è difficile avere speranza. Quando sarebbe bellissimo vivere senza dolore e pensare che la vita sia di tutti e si possa vivere insieme».

Esprimendo entrambi tutte le difficoltà di un dialogo che solo a Rondine ha trovato il suo genius loci.

E cambiando scenario e latitudine ci accorgiamo che non cambia ciò che la guerra provoca dentro coloro che si ritrovano da una parte e dall’altra della barricata senza avere scelto di starci.

«Quando lo staff di Rondine mi ha chiesto chi considerassi il mio ‘nemico’, ho risposto che forse io stessa avrei potuto essere vista come una ‘nemica’ dagli ucraini. Personalmente, non considero nessuno come ‘nemico’», ha affermato la studentessa russa Sabina, laureata in Pedagogia e Lingue, arrivata a Rondine nell’estate del 2022.

Così come Kateryna, studentessa ucraina, laureata in Scienze politiche, arrivata nella Cittadella della Pace pochi mesi dopo lo scoppio della guerra: «Ci sono esperienze e parole che io vorrei cancellare. L’ho fatto per molto tempo dopo l’inizio della guerra in Ucraina. A Rondine, invece, sto imparando ad accettarle ogni giorno. Perché quando le si accetta, si sopravvive. Quando le si nomina ad alta voce, ci si rende conto. Quando si sopravvive e si comprende, si va avanti», un passo possibile dopo l’altro verso la pace.

La speranza che, oltre il dolore, le fragilità e le difficoltà oggettive, ci sia la possibilità di instaurare un dialogo mentre scoppiano le bombe.

«Questa è Rondine, un posto che non mi ha cambiato ma mi ha permesso di vedere il mondo e gli altri sotto un altro punto di vista», ha detto Salomon.

Mentre Sabina ha rammentato l’importanza delle relazioni, attraverso le quali si accetta il ‘nemico’: «Non ho fiducia nella diplomazia, ma credo nelle relazioni personali, nei casi particolari come quello tra Kateryna e me. Rondine è unica, e spero che anche le generazioni future siano in grado di coltivare relazioni simili. Perché le nostre parole e le nostre azioni hanno un peso. Possiamo prenderci la responsabilità di quello che facciamo. Noi siamo importanti, anche quando il mondo sembra troppo grande».

Perché solo attraversando l’oscurità possiamo rivedere la luce: «A un certo punto, quando lavoravo a Bucarest, dopo avere ascoltato tante storie di rifugiati, ho provato tanta rabbia e odio verso i russi. Per questo sono arrivata a Rondine, per raccontare al ‘nemico’ queste storie di dolore. Una volta lì, però, ho capito che la guerra era dentro di me. E dovevo affrontarla. Così, attraverso l’incontro con il mio ‘nemico’ non ho incontrato solo Sabina, ho incontrato me stessa», ha affermato Kateryna.

E Loai, a questo proposito, ha voluto ricordare le parole di Papa Francesco: «Durante la sua visita in Terra Santa nel 2014 disse: “Abbiamo bisogno di abbattere i muri e costruire ponti di pace”. Ecco il perdono, cancellare l’odio, trovare punti di incontro sono tutti metodi utili per convivere in pace e, soprattutto, con diritti e doveri uguali in dignità».

E solo guardando al futuro, solo immaginando la pace si può trovare la forza di costruire quei ponti: «Ho scoperto che c’è un’intimità unica tra ‘nemici’. Solo loro possono davvero capire la mia esperienza, il mio dolore. Parlare con loro mi salva. Mi impedisce di perdere la mia umanità. Ed è anche per questo che luoghi come Rondine saranno essenziali per il giorno dopo, noi oggi qui prepariamo il terreno per quando si dovrà iniziare a ricostruire insieme, a dialogare, riconciliare. Prepariamo i ponti per quel giorno. Lo facciamo consapevoli della fatica, consapevoli dei rischi, ma spero che lo faremo con coraggio: per i nostri figli e per i giovani del domani», ha concluso Noam.

Franco Vaccari, fondatore e presidente di Rondine, luogo che da più di venticinque anni lavora per la pace, ha voluto ricordare il senso del passo possibile: «A Rondine diciamo che, pur non essendo colpevoli, tutti siamo responsabili. Anche se subiamo un’ingiustizia, infatti, possiamo decidere di non rispondere con l’odio. Questi giovani ci insegnano che si può trasformare il dolore in fiducia, perché la fiducia fa arretrare l’odio, e tutti possiamo metterci in gioco. Grazie, quindi, al sindaco e al Comune di Firenze per questo momento che regala un passo di speranza, soprattutto a questi giovani».

Per l’occasione Rondine Cittadella della Pace ha lanciato una raccolta fondi per sostenere due borse di studio che coprono il percorso formativo di due studenti ‘nemici’ e poter continuare il proprio lavoro nel profondo degli animi umani, in un momento di emergenza globale. I versamenti possono essere effettuati con bonifico IT 74 D 05018 02800 000011483518 o nel sito https://rondine.org/fondo_solidarieta/.

Un atto di speranza che si concluderà con YouTopic Fest, il Festival internazionale sul conflitto, che si svolgerà a Rondine i prossimi 30-31 maggio e 1° giugno, il cui focus è la fiducia. Festival che, anche questa volta, sarà aperto dalla marcia della pace che l’anno scorso ha visto coinvolti 4mila studenti provenienti da tutta Italia. Un momento di riflessione sui conflitti che sono tutt’intorno a noi, nella vita di tutti i giorni, su come affrontarli e su come lavorare su noi stessi, grazie al Metodo Rondine, per pensare insieme un mondo migliore.

Tra le autorità erano presenti, tra gli altri, Eugenio Giani, Presidente Regione Toscana, Giovanni Galli, Consigliere Regionale, Ernesto Pellecchia, Direttore Ufficio Scolastico Regionale della Toscana, Giuseppe Salvini, Presidente Camera di Commercio di Firenze, Massimo Guasconi, Presidente Camera di Commercio di Arezzo-Siena, S.E. Riccardo Fontana, Arcivescovo emerito di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Eraldo Stefani, Console Onorario del Senegal, Don Stefano Stimamiglio, direttore di Famiglia Cristiana, e l’assessora del Comune di Firenze all’Organizzazione e personale, patrimonio non abitativo, efficienza amministrativa, rapporti con le confessioni religiose, cultura della memoria e della legalità, toponomastica, Maria Federica Giuliani.

Le conclusioni dell’incontro, realizzato in media partnership con Famiglia Cristiana e QN-La Nazione, nelle parole del sindaco di Firenze e di Agnese Pini, direttrice dei quotidiani QN.

«Mi auguro che tutti ascoltino le voci di questi ragazzi che da Firenze, nel Salone dei Cinquecento, dove oltre 50 anni fa furono avviati i Colloqui del mediterraneo grazie alla lungimiranza del sindaco Giorgio La Pira, vogliono parlare di pace. Oggi, grazie a questo incontro, riusciamo a ‘spezzare l’odio’, come ha detto il fondatore di Rondine Franco Vaccari, che ringrazio per aver perseguito questo sogno di portare a Firenze lo straordinario messaggio contro la guerra che viene perseguito da trent’anni nella sua piccola, grande, città. Ascoltiamo le voci di questi ragazzi, oggi più che mai con due guerre così drammatiche alle porte dell’Europa. Sono le voci dei Paesi coinvolti nei conflitti, le voci di giovani che dimostrano che un mondo diverso è possibile e anche noi dobbiamo lavorare per renderlo realtà», ha concluso il sindaco.

Mentre Agnese Pini ha chiosato: «Rondine è essenziale alla vita comunitaria e politica perché lavora silenziosamente e in maniera instancabile per la pace».

Il messaggio di pace di Rondine è ripartito così da Firenze e da un luogo simbolo, il Salone dei Cinquecento, per richiamare l’attenzione sulla concretezza dell’azione della Cittadella che da oltre venticinque anni ospita studenti ‘nemici’. Un passo possibile grazie alla generosità di tante persone, un passo possibile che potrebbe diventare sempre più forte e decisivo grazie alla raccolta fondi lanciata al termine della giornata, perché: il vero nemico è la guerra.

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