Bambini nati ad Arezzo da genitori stranieri: è giusto che non siano aretini?

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Il bimbo che in carrozzina passeggia per Corso Italia è con i suoi genitori, sono stranieri.
Il bimbo avrà al massimo due mesi, i genitori hanno tutta l’aria di vivere e lavorare ad Arezzo da anni.
Di certo il bimbo non lo hanno avuto nel loro paese, l’hanno avuto ad Arezzo.

Se i genitori lo avessero avuto, per esempio, in Francia, sarebbe un cittadino francese come tutti i bambini nati in Francia.
Ma lui è nato ad Arezzo, nel paese dei genitori non c’è mai stato, se resterà ad Arezzo andrà all’asilo con i bimbi aretini, andrà a scuola, giocherà con i bimbi aretini, parlerà sì la lingua dei genitori, ma parlerà anche l’aretino come e anche meglio degli aretini.
Eppure per essere aretino dovranno passare almeno diciott’anni.
E intanto magari diventerà un buon calciatore, ma se vorrà giocare a calcio tra i giovanissimi dell’Arezzo sarà tesserato come extracomunitario.
Non potrà mai giocare con la maglia azzurra come giocano con quella della Francia cantando la marsigliese Pogba, Mbppè, Matuidì grazie ai quali la Francia è diventata campione del mondo.
Come quel bimbo nato Arezzo ma non aretino, ce ne sono ottocentomila nati in Italia da genitori stranieri ma non italiani.
Tutto perché in Italia non c’è la legge dello “ius soli”, che dà il diritto di essere italiano a chi nasce nel “suolo” italiano, anche se i genitori sono stranieri.
Per questo l’Unicef, mentre i partiti giocavano allo scaricaribarile per non approvare lo ius soli, ha chiesto scusa a quegli ottocentomila bambini compagni di classe dei bambini italiani.
E così il bimbo che passeggia per il Corso dovrà accontentarsi delle scuse dell’Unicef.

Tags: Unicef Ius soli

Romano Salvi

Romano Salvi