La "Tensione creativa" di Enzo Scatragli alla Rocca di Marciano Ar24Tv

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Si chiama "Tensione creativa e preziosità virtuosa nell'opera di Enzo Scatragli" la mostra del Maestro castiglionese fino al 31 gennaio 2024 alla Rocca di Marciano della Chiana: "Le mie origini provengono dal settore orafo, ogni opera è una pagina di vita che segna un ricordo. Ho ancora tanta voglia di fare"

Scatragli, nato in terra aretina a Castiglion Fiorentino, vive e lavora nella sua casa-studio a Brolio, nella prospera e rigogliosa Valdichiana, trovandosi circondato da località di grande interesse storico artistico e del paesaggio. Là dove è collocato il suo laboratorio, l’occhio può spaziare, a partire dai colli castiglionesi di Montecchio e di Cortona, e rivolgersi ai monti Cetona e Amiata fino a Montepulciano, poi Lucignano, Marciano e Monte san Savino. Tutti luoghi che in qualche modo hanno avuto peso nella sua formazione. Racconta volentieri che fin da bambino ha iniziato a modellare la creta, quando seguiva il padre operaio ad una fornace di laterizi ma è l’incontro con il maestro orafo fiorentino Bino Bini nel 1963, alla Scuola Orafa “Margaritone” di Arezzo, che sarà decisivo: per primo Bini intuisce le non comuni doti dell’allievo e segna l’inizio del suo cammino artistico. Seguirà nel 1966 il suo ingresso in quella che allora era la più grande impresa orafa del mondo: la Uno A Erre di Arezzo, con i suoi 1.500 dipendenti. Subito viene inserito nel settore artistico diretto da Bruno Galoppi, primo designer dell’azienda, che apprezza le sue capacità nel modellare e vede in lui lo scultore e il medaglista; sarà Galoppi a presentare in catalogo nel 1971 la sua prima mostra personale al Circolo Artistico di Arezzo.

Nella Uno A Erre ha modo di conoscere Mario Guidotti noto giornalista, scrittore, saggista e critico d’arte che a quel tempo era il responsabile dell’Ufficio Stampa e curatore delle monografie aziendali, al quale si deve l’invenzione dell’annuale rassegna di scultura Forme nel Verde negli Horti Leonini a San Quirico d’Orcia, in cui Scatragli sarà più volte invitato a partecipare. Lo scrittore seppe dare indirizzi determinanti alla sua formazione artistica, evidenziando la sua aretinità che gli consentiva di respirare “l’aria dei grandi maestri suoi conterranei, soprattutto del Quattrocento, apprendendo con umiltà ma anche con intelligenza e ricettività la suprema lezione di Piero della Francesca” (1974). Inoltre seppe cogliere e mettere in evidenza quanto l’oreficeria abbia avuto parte nella sua produzione: “l’artista carezza il marmo, i vari marmi, la pietra, le varie pietre, i metalli, il bronzo che attualmente innerva di dorature a fuoco, con procedimento antico, non galvanico” (1984), riferendosi alla doratura a fuoco con amalgama di oro puro e mercurio.

Dell’artista si sono occupati numerosi critici d’arte e storici dell’arte di fama internazionale, ma anche noti scrittori e poeti: Enrico Crispolti, Mario Guidotti, Vittorio Lorioli, Mario Luzzi, Antonio Paolucci, Claudio Strinati, Ferruccio Ulivi e Mario Valeriani, solo per citarne qualcuno. Crediamo opportuno trarre da alcuni di essi delle brevi citazioni critiche per meglio comprendere quanto l’esperienza orafa abbia contribuito ad arricchire il suo fare scultoreo.

Enrico Crispolti nel 1987 presentando la mostra milanese Fiducia nella scultura, presso la “Galleria Senato”, parlando della sua figurazione lo dichiara un’artista che crede nell’immagine umana, secondo una tradizione umanistica: “E tuttavia mi sembra che ciò avvenga costantemente a due condizioni. La prima riguarda la messa in crisi della figura stessa, accettata e insieme in certo modo contestata, diruta, espressionisticamente travolta, martirizzata o rinascente … La seconda è una intenzionalità dinamica della figura stessa, infatti mai statica, mai assoluta, ma traversata da un moto, impegnata in uno scatto, in un movimento”.

Claudio Strinati nella Nota critica su Enzo Scatragli, redatta nel 1992 per la concessione del patrocinio del Ministero per i Beni Culturali e allegata al catalogo della mostra romana presso il complesso Monumentale di San Michele, traccia l’interessante profilo: “Artista toscano, erede di una antica e nobilissima tradizione, Scatragli trae in particolare gli elementi costitutivi della sua poetica dall’ambiente orafo aretino, che è da considerare il più importante del genere oggi in Italia. Da qui il maestro ha tratto spunti determinanti, che integrati con una personalissima assimilazione della più eminente cultura plastica italiana, da Manzù a Greco (senza dimenticare la lezione di Giacometti), lo hanno portato a una severa ricerca che lo colloca in una posizione di tutto rispetto nell’ambito del moderno realismo”.

Nella stessa rassegna Ferruccio Ulivi, parlando dei suoi inizi, segnala la qualità dello scultore: “nell’attenzione naturalistica applicata alla forma umana, collaborata da un’attenzione ai fatti dell’arte squisitamente attuale. Veramente, di naturalismo in senso mimetico Scatragli non si è mai occupato. Anche nelle fasi iniziali promosse da una straordinaria conoscenza tecnica, a cominciare dall’oreficeria, il punto di partenza era sempre la rielaborazione di un nucleo concettuale-fantastico desunto dalle conoscenze, dagli amori sopraggiunti dal passato o dal presente”.

Il poeta fiorentino Mario Luzzi, presentando a Castiglion Fiorentino nel 1995 la mostra Enzo Scatragli - Arte e solidarietà, rileva che lo scultore “ha nitido il senso dei volumi e della correlazione armonica tra i volumi a espressione e gloria del corpo umano. È il corpo umano la sede formale di ogni vero sentimento. Un recupero, questo, importante nell’incerta panoramica dell’arte di oggi”.

Anche Antonio Paolucci nel 2002, in occasione della mostra fiorentina a Palazzo Panciatichi Dalla placenta al sudario, fa riferimento all’esperienza orafa dello scultore dove indica che “Maestro di Scatragli è anche stato il mestiere, il paziente mestiere dell’orafo che ti insegna due cose fondamentali. Ti insegna la bellezza della materia e la necessità della forma … Credo che queste cose Scatragli le abbia capite, per non dimenticarle mai più, quando lavorava alla Uno A Erre di Arezzo”.

Questi rimandi all’oreficeria continuano nell’attività scultorea ma anche nella produzione medaglistica di Scatragli (dove ricorre spesso alle dorature con sali di oro) e recentemente è ritornato anche alla creazione di gioielli veri e propri. Nel 1995, per la collezione di Oro d’autore “Omaggio a Las Vegas”, esegue una Spilla con la banconota del dollaro e la carta da gioco dell’asso di cuori, in oro granulato (con la famosa tecnica etrusca), argento, smalti a fuoco e cristallo di rocca, ora conservata nel Museo di Orodautore nel centro storico di Arezzo. Del 2012 è il Fermaglio di piviale, in oro fuso a cera persa e rubino, donato dalla Città di Arezzo e dalla Uno A Erre al Santo Padre Benedetto XVI, quando venne in visita pastorale nella nostra città. È dello stesso anno una insolita Collana Scacciamalocchio, in metallo fuso con grande corniola, quasi da sembrare uno strumento dello sciamano, che ottenne il primo premio assoluto al concorso “Première 2013” organizzato da Arezzo Fiere e Congressi; il gioiello è conservato nel Museo Aziendale Gori&Zucchi - Uno A Erre.

Tutti i critici che si sono occupati della sua ricerca plastica hanno riscontrato concordemente le sue profonde conoscenze tecniche; Scatragli scolpisce marmi e pietre durissime, modella le cere che fonde in bronzo, dalla scultura monumentale alle medaglie, recuperando anche le tecniche del passato, rileggendo le antiche fonti, i trattati del Cellini e le Vite del Vasari. Ha insegnato ed aiutato i suoi colleghi di Castiglion Fiorentino, di Rapolano, di Rigutino e di Pienza a mettere a punto le fonderie nelle proprie botteghe; quindi si è dimostrato anche generoso nel trasmettere le sue esperienze, senza essere geloso dei suoi “segreti” di bottega.

Nel tempo sono nate le complesse serie delle Genesi con gli embrioni del concepimento e della nascita, delle Metamorfosi e Crisalidi con le doppie realtà, interno-esterno (anima e corpo), con fasciature e rigonfiamenti, rese luminose dalle dorature a fuoco, delle Resurrezioni, fino alle più recenti Fibule con le cuciture-suture a richiamo delle libertà negate.

Nella serie di sculture che ha inizio nell’anno giubilare del 2000 con il noto Sudario in marmo calacatta di Carrara, Scatragli è riuscito a sfidare la materia in quella svolazzante ‘veronica’, dove ha ricercato il volto di Cristo nelle trasparenze traslucide tipiche degli smalti dell’orafo; il sorprendente e virtuoso modellato, rivela un’abilità da intagliatori di gemme, come se fosse un cammeo gigante. Richiamano subito alla mente opere conservate a Napoli: la nota Tazza Farnese, grande cammeo di età ellenistica, del Museo Archeologico, ma anche la Cappella dei Principi di Sansevero con il disinganno di Francesco Queirolo e il più noto Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, opere commissionate da Raimondo di Sangro (1752 e 1753) e caratterizzate da incredibili virtuosismi nella resa della rete e del sudario. L’opera di Scatragli ha avuto il merito di essere stata ospitata per un ventennio nella Chiesa Inferiore della Basilica di San Francesco ad Assisi, prossima al transetto, vicino ai celebri affreschi di Cimabue, Giotto, Simone Martini e Pietro Lorenzetti.

Dopo il Sudario ha visto la luce una nutrita serie di realizzazioni che si segnalano per la grande capacità realizzativa e perché, come abbiamo già rilevato, la disciplina dell’orafo è ormai nel suo codice genetico, riaffiora con prepotenza anche nelle sue ultime, sempre più raffinate creazioni. Si segnalano Il ricordo di donna incinta (2010), in marmo rosa del Portogallo dove traspare il feto; la Vanitas (2012) in marmo statuario di Carrara, raffigurante un volto femminile che fa intravedere un teschio; Dedicato a Cristina (2015) maschera, con conchiglia incavata (come una gemma intagliata) nella parte vuota del retro, realizzata in marmo giallo di Siena; Anima e corpo (2020) maschera allegorica vagamente michelangiolesca, in marmo bianco afyon della Turchia. Anche i recenti Panneggi con smalto (2022) in marmo bianco con vernici rosse prese dall’industria, pongono l’attenzione dell’artista verso le sanguinose tensioni dell’est Europa e del Medio-Oriente; qui tratta il marmo come una stoffa sospesa nello spazio, con le incredibili ricercatezze delle pieghe, che rivelano la sua meditazione in opere come il monumento Forteguerri uscito dalla bottega del Verrocchio e la Santa Teresa d’Avila del Bernini.

In questa esposizione di Marciano non può non esserci una presenza della sua attività medaglistica, la sua abilità nella progettazione e realizzazione di questo speciale ambito artistico è ormai conosciuta e appezzata; le sue opere sono state presentate in numerose rassegne internazionali curate dalla FIDEM e dall’AIAM (Colonia 1971, Helsinki 1973, Cracovia e Roma 1975, Budapest 1977). Rilevanti commissioni sono arrivate dal suo paese natale, da Arezzo, Montevarchi, Cortona, Sorrento e Milano. Per concludere, ricordiamo i modelli della medaglia ufficiale per i Musei Vaticani realizzati in occasione del convegno Nuovo respiro e nuova luce in Cappella Sistina (30-31 ottobre 2014). Medaglia apprezzata ed elogiata dall’allora direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci in un acuto scritto: “… che offre una immagine di Michelangelo piuttosto inusuale … il Michelangelo che compare nella medaglia coniata … è quello deforme, surreale, anamorfico che, in primo piano nell’affresco del ‘Giudizio’, vediamo dipinto sopra la pelle scuoiata di San Bartolomeo”.

Giuliano Centrodi

Giuliano Centrodi

Tags: Marciano della Chiana EF-B Enzo Scatragli

Guido Albucci

Guido Albucci

Di tante passioni, di molti interessi. Curioso per predisposizione, comunicatore per inclinazione e preparazione