LeU Arezzo: bene il tavolo sulle povertà richiesto dalla Caritas, ma non esiste una povertà di “serie A” e una di “serie B”

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Dopo il ritrovamento del corpo di Dragan, persona senza dimora morto di notte per strada a Campo di Marte, si è riproposto il tema del dormitorio pubblico e più in generale il tema dei servizi diretti a chi si trova in condizione di forte emarginazione sociale e povertà.

Questo episodio segue un altro analogo avvenuto poche settimane fa nella zona ex Cadorna e diverse segnalazioni, avvenute nei mesi passati, fortunatamente senza morti, di cosiddetti dormitori clandestini.

Ma il dormitorio che la Caritas Diocesana organizza insieme al Comune di Arezzo resterà inesorabilmente chiuso fino a dicembre, nonostante sia evidente l’urgenza della sua riapertura e la necessità del suo funzionamento durante tutto l’anno, e nonostante le sollecitazioni in questo senso venute da numerose organizzazioni cittadine.

La risposta del Sindaco e dell’Assessore alle politiche sociali è chiara: “…esistono persone che autonomamente decidono di organizzare la loro vita al di fuori di ogni rete di sostegno e ciò è possibile in relazione alle libertà individuali, e nessuna istituzione può obbligare ad agire in maniera contraria alla loro volontà.”
In altre parole se queste persone muoiono, è colpa loro, se la sono cercata.
Per loro e per i non residenti tutto quello che si può dare sono quindici giorni non rinnovabili di dormitorio nei soli mesi invernali per fare fronte alle temperature rigide.
E per tutti … polizia locale per gli sgomberi.

Ma è proprio la condizione di vivere al di fuori di ogni rete di sostegno che le rende vulnerabili e quindi bisognose di attenzione.  
Una struttura per passare la notte, misura certamente parziale, è comunque una protezione contro il pericolo di morire per strada.
E non è poca cosa, perché questo rischio non si manifesta solo nei mesi più freddi dell’anno.

Dopodiché è ovvio che c’è bisogno di interventi più larghi e articolati per affrontare le situazioni di povertà che causano emarginazione.
La Caritas lo dice nel suo “Rapporto sulle povertà” pubblicato in questi giorni, dal quale risulta che nel territorio della Diocesi aretina si sono rivolti alla Caritas 709 italiani (il 33,7%) e quasi il doppio, 1392, stranieri (il 66,3%). Tra i bisogni che creano situazioni di forte disagio c’è proprio il problema abitativo.

Bene quindi istituire il tavolo sulle povertà richiesto dalla stessa Caritas per trovare strumenti di solidarietà collettiva tra tutte le organizzazioni e componenti presenti in città.   

Per far questo è anche necessario abbandonare lo slogan che piace tanto agli Assessori del Comune “prima gli aretini”, come se esistesse una povertà di serie A da soccorrere, quella degli aretini, e una povertà di serie B da ignorare, quella di tutti gli altri. Di fronte a sofferenze e bisogni uguali per tutti, a povertà provocata a tutti dalle stesse cause, non si possono separare gli uni dagli altri e relegare alcuni fuori dall’attenzione dell’Amministrazione comunale. Che quindi “comunale” non è.

Infatti, Dragan, morto a Campo di Marte, viveva fuori dalle reti di protezione e nemmeno era aretino, era serbo.

Spingere alla guerra tra poveri nel contendersi le poche risorse messe a disposizione dalle politiche sociali pubbliche e aizzare allo scontro tra i diseredati aretini e i diseredati stranieri non è una buona premessa per la convivenza di oggi e soprattutto di domani nella nostra città.

 

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