Il vero “dietro le quinte” di un’emergenza

. Inserito in Sanità

Molti ormai sanno quale sia la procedura da attivare per una richiesta d’aiuto in caso d’emergenza, dal chiamare il numero unico (112) al veder arrivare sul posto i soccorsi. Ma è una conoscenza teorica. Mentre capire cosa succeda nella realtà dentro ogni step aiuta a fugare dubbi e difende da convinzioni sbagliate. Vediamolo.

Siamo convinti che conoscere la realtà di ciò che accade in concreto a seguito di ogni passaggio della procedura che conduce i soccorritori sul luogo dell’evento, malore o incidente che sia, costituisca il valore aggiunto più utile per abbattere luoghi comuni e informazioni fuorvianti.

Una delle quali – giusto per citare l’esempio più comune – è la convinzione diffusa che i soccorsi c’impieghino sempre troppo ad arrivare dove si pensa che servano, insomma dove li abbiamo inviati/richiesti con la nostra chiamata. Convinzione errata che si matura subito, con la chiamata stessa, perché pare che “ci mettano sempre troppo a rispondere” e poi “ancora di più ad acquisire i dati dell’intervento”; e ci si immagina che alla fine, dopo tutta questa trafila, “abbiano ancora da attivare l’ambulanza”.

Ecco, le cose non stanno così! E il ruolo di chi chiede aiuto è fondamentale affinché non vadano così! Intanto, bisogna considerare che chi riceve la chiamata è un operatore di centrale d’emergenza professionalmente formato e continuamente addestrato per gestire qualsiasi conversazione telefonica, anche le più alterate da comprensibili fattori emotivi del momento. Perché il suo è un ruolo focalizzato ad acquisire dal chiamante le informazioni essenziali per stabilire in pochi secondi che tipo di emergenza si tratta, dove è localizzata e il presumibile livello di gravità e urgenza. In base a questo, viene contestualmente attivato il genere di soccorso più adeguato al caso – anche tramite l’attribuzione di un codice-colore, i cui più usati sono il verde, il giallo e il rosso, in quest’ordine di criticità crescente – e questa attivazione viene condotta da un secondo operatore che così può operare in simultanea al primo senza che questo debba distogliere l’attenzione dal chiamante e possa anzi richiedergli ulteriori informazioni di dettaglio con cui agevolare l’arrivo sul posto del soccorso attivato.

Perciò l’informazione utile da trattenere per il testimone dell’evento è che egli stesso, con la sua chiamata al 112 – NUE (= Numero Unico d’Emergenza), diventa di fatto il 1° soccorritore occasionale sul posto, il protagonista del 1° anello della catena del soccorso e, implicitamente, “gli occhi e le orecchie” della Centrale d’emergenza. A questo punto, non gli resterà che disporsi a rispondere più precisamente possibile a tutte le domande con cui l’operatore di centrale lo “intervisterà”; perché sono proprio quei pochi secondi in più impiegati in questa intervista che faranno guadagnare molti minuti preziosi ai soccorsi inviati sul posto!

Infine, c’è anche un altro fattore da considerare, ed è il senso di dilatazione temporale che si prova quando ci si trova presenti a un evento che ci sottopone a un elevato grado di stress emotivo: subiamo l’impressione che il tempo non passi mai e anche due soli minuti di attesa possono sembrarci venti!

Quelli dell’ambulanza in arrivo sanno anche questo e sfruttano pure il tempo del percorso per prepararsi allo scenario che presumono di trovarsi di fronte in base all’attivazione ricevuta dalla Centrale; a questa consapevolezza aggiungono anche quella di potersi trovare a gestire situazioni di panico, agitazione, rabbia ecc da parte degli astanti e sanno concentrarsi esclusivamente sulle vittime dell’evento.

Quindi, anche in questo caso, non si verifica alcuna vera perdita di tempo!

Merita anche ricordare, riguardo al personale in ambulanza, che può esser composto sia da volontari, sia da dipendenti, sia da collaboratori ma in tutti i casi è comunque formato in modo specialistico e deve continuamente aggiornarsi in base a una formazione molto accurata e assidua, secondo la vigente normativa (Legge 83/2019 e Regolamento attuativo n. 46/2021).

Infine, altro esempio di rilievo che spesso si sente fare da chi, magari semplicemente per bonaria non conoscenza, ignora cosa accade veramente: “già sono arrivati in ritardo ma poi invece di sbrigarsi a portarlo in ospedale sono rimasti lì fermi chissà quanto…”

Per spiegarsi questa “sosta sul posto” – o anche un trasporto in ospedale non altrettanto rapido dell’andata – basta considerare che le ambulanze da emergenza e anche altri mezzi sanitari, come l’auto medica, sono oggigiorno finemente equipaggiati dal punto di vista medicale; perciò il concetto di intervento è potuto cambiare nel tempo. Anziché “portare il paziente in ospedale prima possibile”, oggi si preferisce “portare l’ospedale da lui prima possibile”! Con un evidente dimezzamento netto dei tempi di cura rispetto ai precedenti.

Infatti l’ambulanza e gli altri mezzi d’emergenza sanitaria, con a bordo ovviamente equipaggi di figure volontarie o professioniste ma tutte formate e preparate (come spiegato sopra) al soccorso d’emergenza, sono l’equivalente di un apparato ospedaliero in grado di giungere e operare sul posto per tutto ciò che occorre al fine di stabilizzare le condizioni del paziente, prima di avviarlo verso l’ospedale. In altre parole, in questo modo l’urgenza vera e propria si smorza con l’arrivo dell’ambulanza e/o automedica sul posto, perché a quel punto è come se il paziente fosse già giunto in ospedale!   

Naturalmente – concludendo – ci sono innumerevoli studi messi a punto per registrare i tempi di arrivo sul posto e si tratta di rilevamenti sempre puntuali in quanto registrati e verificabili: gli equipaggi di ambulanza devono comunicare – lo fanno con vari tipi di apparati e strumenti – ogni fase alla Centrale, dal momento d’uscita reale a quello d’arrivo sul target, dalla ripartenza dal target all’arrivo in ospedale, con lo stato di tutti i momenti intermedi. Ebbene, tali studi mostrano inequivocabilmente che su un’attivazione – mettiamo il caso – in codice rosso (di massima priorità e urgenza), il sistema dell’emergenza territoriale attualmente in vigore garantisce sempre la minor tempistica possibile in base al caso e ai mezzi disposti per l’intervento! E questo avviene capillarmente, in ogni zona del territorio nazionale, sia essa naturale sia abitata, comprendendo quelle più impervie o sperdute, anche le isole, dato che per questi casi esiste anche l’opportunità dell’elisoccorso sanitario medicalizzato (in Toscana, è il “Pegaso”).

I tempi che viviamo consentono anche molte più opportunità individuali in fatto di tecnologie per la comunicazione d’emergenza: conoscete l’App denominata “Where Are U”? Scaricabile gratuitamente in qualsiasi smartphone permette di inoltrare la chiamata di soccorso al NUE anche nel caso che non si riesca a parlare e in più fa geolocalizzare la propria posizione con un livello di accuratezza assoluto.

Il concetto di fondo di “cittadinanza attiva” comporta la consapevolezza di ciascuno su come si svolgano in concreto le cose nella realtà degli interventi d’emergenza, un livello di conoscenza che dev’essere più diffuso perché solo così può mettere al riparo da dubbi, pregiudizi infondati e tanta disinformazione, aprendo la via a una partecipazione più disponibile, fiduciosa e attiva da parte di tutti.    

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Romano Barluzzi

Romano Barluzzi

Highlander dalle molte vite, tra cui ne spiccano due - da tecnico sociosanitario e da istruttore subacqueo - coltivo con inguaribile curiosità la passione per i mestieri più a rischio d'estinguersi, perciò mi ostino a fare il giornalista.