Politica lontana dalla vita reale. Quel campo aperto che vale a Roma, Firenze e anche Arezzo

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Da un certo punto in avanti non c'è più modo di tornare indietro e quel punto, per la sinistra italiana, si sta avvicinando. Oltre c’è l’ignoto.

C’è qualcosa di misterioso, nella sinistra, un ripetersi di errori e disgrazie che sembra non avere ragioni umane. Tutto deriva da un sentimento di responsabilità politica, figlio di un mondo che non c’è più, che porta all’autolesionismo e alla mutilazione.  

E’ una sorta di Pathos a spingere la sinistra a svolgere il ruolo del pompiere, rimediando ai danni altrui e prendendosi colpe che non le appartengono.  

L’ultima, in ordine di tempo, ma altre si potrebbero citare, è la scelta di dare vita ad un governo innaturale, convinti che questo potesse sbarrare la strada al sovranismo. Invece è avvenuto esattamente il contrario ed oggi la destra avanza come uno tsunami. 

Perché innaturale? Semplicemente perché non vi è condivisone dei fini, è un governo nato sulla necessità e non sui principi. E allora nasce il dubbio amletico se si tratti solo di senso di responsabilità o questo, per alcuni, si mescoli all’ambizione del potere.

Guardiamo la legge di bilancio che, almeno in teoria, dovrebbe rappresentare il documento dove le intenzioni trovano sostanza.  E’ una legge di piccolo cabotaggio e di buoni propositi, che ha il pessimo difetto di scontentare molti e non accontentare nessuno.  Qualcuno l’ha definita senz’anima.

Capisco le difficoltà: non ci sono i soldi? Ebbene, si fa una scelta di verità e si dice che per quest’anno le risorse saranno concentrate su una, massimo due cose: la scuola, l’innovazione, la ricerca, la sanità, il cuneo fiscale? Scegliete quella che volete ma alla fine occorre decidere, perchè non si può vivere nella metamorfosi dell’incertezza.

Non mi stancherò mai di ripeterlo, la lontananza dalla vita reale uccide la politica. Questa trovata della tassa sulla plastica è esemplare. Anche i bambini sanno che liberarsi della plastica dall’oggi al domani con una tassa è un’utopia. Non si può usare solo la leva fiscale per determinare la conversione ecologica. Se la conversione ecologica non è conveniente per tutti e diventa solo imposta, non porta a nulla e mette in difficoltà consumatori e imprese.

Lo stesso si può dire delle crisi industriali, di fronte a un dramma industriale e ambientale come l’Ilva di Taranto non si può dire, come pure hanno affermato alcuni esponenti della maggioranza  “se ne vadano”. E degli oltre 10.000 dipendenti e addetti che ne facciamo? Li mettiamo tutti nei resort del Salento?

Io ho notato che in una parte della maggioranza c’è attenzione per un sacco di cose ma non per le 160 crisi aziendali che attraversano il paese. C’è chi pensa che si possa fare a meno dell’impresa e di un apparato industriale? Vogliamo continuare a far finta di niente? Qualcun altro, come insegnano le elezioni regionali, raccoglierà i frutti.

C’è Salvini alle porte? Non è consumandosi come candele che si ferma la marea nera. Si ferma restituendo dignità al lavoro, ai giovani che emigrano perché qui non c’è futuro, ridando sostanza agli stipendi e alle pensioni. Applicando una tassazione giusta che non mortifichi la voglia d’impresa.  

Ormai lo ripeto come un mantra: non è rinchiudendosi in qualche stanza a costruire strategie che si vincono le battaglie, ma scendendo in campo aperto, questo vale a Roma, a Firenze e ad Arezzo. 

Se guardo a quella che è stata l’esperienza di alcuni compagni di viaggio, mi viene da dare ragione a Kafka: “Ogni rivoluzione evapora, lasciando dietro solo la melma di una nuova burocrazia”.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.