Bracciante abbandonato, Valentini: “Fenomeni di caporalato e sfruttamento anche da noi”

Non ce l’ha fatta il trentunenne di origine indiana, Satnam Singh, che lunedì pomeriggio era rimasto coinvolto in un terribile incidente sul lavoro in un’azienda agricola di borgo Santa Maria, nella periferia di Latina, dove aveva perso il braccio in un macchinario avvolgiplastica a rullo trainato da un trattore, il quale gli aveva schiacciato anche gli arti inferiori. L’uomo, invece di essere soccorso, era stato abbandonato davanti la sua abitazione con il braccio tranciato, poggiato sopra una cassetta utilizzata per la raccolta degli ortaggi.

Giorgio Valentini, già Sindaco di Montevarchi, operatore da oltre 30 anni nell’ambito della sicurezza sul lavoro:

“Quanto è successo nelle campagne di Latina è una linea rossa. Occorre una reazione! Anche da noi professionisti della sicurezza. Oggi, nel nostro ufficio alla Sicureco a Montevarchi, tra noi colleghi e professionisti della sicurezza sui luoghi di lavoro, c’era senso di scoramento, di frustrazione, di dolore. Sì, perché il delitto, l’omicidio dell’operaio indiano in provincia di Latina è come se avesse colpito anche noi, il senso del nostro lavoro: ci siamo sentiti soli, lasciati soli da parte dei media, delle istituzioni, come abbandonato è stato l’operaio dopo l’infortunio anziché soccorrerlo. Dobbiamo avvertire questo senso di dolore e abbandono anche qui, nel nostro Valdarno, feriti nel nostro senso di sentirsi una comunità, nel modo di accogliere e di integrare le persone straniere che vivono qui con noi. Satnam Singh lo ha abbandonato un cittadino italiano, un imprenditore al quale non bastava la crudeltà dell’abbandono, ma ha pensato bene di dare la colpa al lavoratore. Occorre una reazione civile, democratica, energica, continua a tutti i livelli, che ponga al centro il tema dei migranti, del lavoro e della tutela di diritti basilari. Anche qui nel nostro Valdarno, nelle nostre comunità occorre una reazione, il coinvolgimento delle istituzioni locali, dei sindacati, delle associazioni. Dobbiamo avere coscienza che la nostra società è a rischio, le basi fondamentali vengono minate continuamente da chi ha il dovere di preservarle. Anche noi professionisti della sicurezza non dobbiamo più tacere, devono emergere i valori etici, morali, sociali e civili del nostro lavoro, un lavoro spesso sottopagato, considerato di rango inferiore da una fetta importante della componente imprenditoriale del paese e della politica, figure a servizio e frutto della burocrazia. E c’è anche una parte di noi che svolge la propria attività con questo spirito; non è stata sufficiente la legge sulla tutela delle professioni non organizzate in albi a sconfiggere impostori e figure di comodo che sappiamo tutti esserci e prosperare. Rigore, comunità, diritti civili e umani, centralità delle persone, onestà con noi stessi cominciando a dire che dei migranti abbiamo bisogno e qui possono trovare una società civile che interagisce con loro da pari. Basta a una realtà che ai migranti cosiddetti irregolari, creati dalle nostre stupide leggi, non concede nemmeno il diritto ad essere soccorsi o a una paga dignitosa. Basta a una politica che promette ai nostri connazionali impauriti dai cambiamenti epocali dire che la colpa è dei migranti, ma che ora per loro sarà finita la pacchia… se voti quelli giusti. Vergogniamoci e chiediamo scusa, lo facciano le massime autorità dello Stato! La storia di Satnam e dei suoi assassini è divenuta di dominio pubblico e si è attivata una rete di solidarietà, grazie al lavoro di un sindacato di frontiera, degli ultimi, ma deve divenire l’agire di tutto il sindacato, anche di quelle categorie che appaiono molto distanti. Serve partire dagli ultimi anche per tutelare chi i diritti li ha già. Giornate di dolore e sconforto che devono divenire di speranza e impegno civile. Chiediamo una scossa, ad iniziare dalle nostre istituzioni, dal mondo associativo locale, perchè fenomeni di caporalato sono avvenuti anche qui da noi, forme di sfruttamento del lavoro ci sono anche nel nostro territorio”.

Giorgio Valentini

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