Ha ragione Sacchi. Europa e scaldini col fischio

. Inserito in #madecheseragiona

Quasi mai ho condiviso le opinioni di Arrigo Sacchi, credo che dipenda da un riflesso condizionato dovuto alle sofferenze (calcistiche) che mi ha imposto quando allenava il Milan. Stavolta però le sue idee coincidono con le mie.

Intervenendo sulla disastrosa alluvione in Romagna, l’ex allenatore ha usato parole dure e chiare. «Siamo un Paese vecchio, dove prevenzione e merito sono parole sconosciute. E la mentalità italiana resta sempre la stessa: tutto è dovuto e va bene finché dura. Pensiamo di essere sempre i più furbi, invece siamo una nazione piena di debiti. Non c’è quasi mai un progetto, non c’è strategia, solo tattiche improvvisate» e finisce col dire «mi addolora un Paese che paga troppo poco gli insegnanti e cerca sempre le scorciatoie e le colpe degli altri».
Parole sincere che purtroppo suonano a vuoto in un paese che all’indomani del COVID prometteva scuole migliori, una sanità moderna, infrastrutture evolute e un modello nuovo di organizzazione del lavoro. Passata l’emergenza non sono rimasti nemmeno i buoni propositi.
Pensare che l’Europa, con tutti i suoi difetti, ci ha messo a disposizione un’occasione unica: risorse finanziarie che non vedremo più nei secoli a venire. Invece che succede? Siamo indietro nei progetti e laddove si aprono i cantieri si spende perché ci sono i soldi non perché quegli investimenti stiano dentro una visione di sviluppo.
È opportuno ricordare a qualche amministratore sciagurato, che non riesce a vedere oltre il proprio naso, che soldi dell’Europa non sono gratis: una buona fetta vanno restituiti (sono un prestito) e un’altra parte dovrà essere ripianata (se non ci saranno altre entrare) con l’aumento dei contributi dei singoli stati. «Nessun pasto è gratis», diceva Milton Friedman e dei soldi dell’Europa saranno chiamate a rispondere le future generazioni.
L’unico modo per non pagare dazio negli anni a venire e che quei denari servano davvero per generare ricchezza e aumentare la produttività. Questo può avvenire solo in un paese moderno, con infrastrutture efficienti, con una nuova economia basata sull’innovazione e sull’istruzione. Non mi pare che stia accadendo. Si assiste invece all’assalto alla diligenza. E le responsabilità non sono solo di chi oggi governa, sono di chi ha lasciato maglie larghe di spesa, di chi non ha individuato con chiarezza le priorità, di chi ha permesso che nei bandi si potesse inserire di tutto: dalle reti informatiche ultraveloci agli scaldini col fischio.
Ha ragione Renzi quando dice che i soldi europei vanno dedicati a combattere il dissesto, non a costruire gli stadi. Parole che sottoscrivo ed aggiungo non utilizziamo i soldi del PNRR per distruggere campi sportivi per poi ricostruirli da un’altra parte, magari nei terreni degli amici. Non spendiamo i soldi dell’Europa per fare giardini pubblici, illuminazione, stalli di sosta, opere che non servono alla crescita economica. Non costruiamo senza un criterio scuole che tra 10 anni saranno già vecchie, Case di comunità che non sappiamo come dotare di servizi e personale. Quei soldi devono servire alle imprese non per fare uffici pubblici, quei denari che arrivano da Bruxelles devono servire per dare lavoro, recuperare il gap infrastrutturale, modernizzare i servizi, non per a imbellettare la faccia di qualche amministratore.
Ci riempiamo la bocca di parole piene di vento, spendiamo per costruire consenso non perché quelle opere servano davvero.
Ha proprio ragione Sacchi solo tattiche improvvisate e quando le cose non vanno la colpa è sempre di qualcun altro.

Tags: Alluvione Emilia Romagna

Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.