Gargonza e Poppi, un viaggio nei luoghi danteschi per imparare a coltivare la bellezza

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In quest’ultimo fine settimana, grazie al Passioni Festival, ho ri-scoperto, passando dalla Valdichiana al Casentino, due luoghi danteschi: il castello di Gargonza e quello di Poppi, con un piacevole preludio a Monte S. Savino.

In questo breve viaggio ho tuttavia lasciato da parte l’attendibilità storica. In altre parole non mi è interessato sapere se davvero Dante sia stato a Gargonza o se la leggenda di Matelda e della Torre dei diavoli a Poppi sia cosa vera.
Chi inizia un itinerario come questo deve mettere per un attimo la storia tra parentesi e dare spazio all’immaginazione.
A quella fantasia che mi ha fatto intravedere nel restaurato cisternone di Monte S. Savino un angolo della Cisterna Basilica di Istanbul. La stessa fantasticheria che, nella mia testa, ha trasformato l’arco trecentesco di Gargonza in un portale temporale, capace di proiettarmi indietro nei secoli, quando Dante si ritrovò a concilio con i guelfi bianchi. È la stessa identica illusione che mi ha fatto sentire, mentre ammiravo gli affreschi di Taddeo Gaddi nella cappella dei conti Guidi a Poppi, le grida e il cozzare delle spade nella piana di Campaldino.
Quello che ho fatto è stato un viaggio nella magia dei luoghi e della storia. Quella storia che ritroviamo ad ogni angolo dei nostri paesi e che ci appare ordinaria solo perché l’abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. E devono venire i turisti da tutta Europa, dall’America e dall’oriente per ricordarci che viviamo in una regione meravigliosa. Una regione che proprio per la sua immensa bellezza ci chiama tutti ad una grande responsabilità.
Qualcuno ha scritto che "la bellezza non è la felicità, è una promessa di felicità". E’ vero, la bellezza da sola non basta, dobbiamo coltivarla. Per esempio il turismo del dopo covid non sarà uguale a quello di prima. Si richiederà più attenzione alla qualità e più amore per la terra.
Per questo diminuiranno le manifestazioni grasse e gradasse per lasciare spazio a un modo nuovo di vivere i centri storici, di rivalutare l’arte, di calibrare sulla lentezza e non sul consumo il nuovo modello turistico.
Il mio, vorrei che fosse chiaro, non è un approccio elitario. Anche a me piacciono la musica alta, i panini con la porchetta, le americanate e il rombo dei motori. Mi piacciono perché sono vitali e divertenti ma non possiamo farle diventare il nostro marchio di fabbrica. Qui abbiamo tutto (fuorché il mare): bellezze naturali, un patrimonio artistico immenso, luoghi dello spirito e città murate. Sta a noi moltiplicare i talenti che gli antichi ci hanno lasciato in dote e non sperperarli in nome di un mondo omologato da polpette e patatine fritte.

Tags: Arezzo Passioni Festival

Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.