Spasibo al Giappone, campione del mondo di dignità. E allo stadio di Arezzo? Arezzo - Mosca A/R di Francesco Caremani

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Al Mondiale è accaduta una cosa decisamente inusuale. L’avrete già vista tutti sui social

Il Giappone, rimontato ed eliminato dal Belgio, con estrema dignità prima ha salutato i propri tifosi sugli spalti, poi ha ripulito lo spogliatoio lasciandolo come l’aveva trovato insieme con un biglietto scritto in cirillico: spasibo, cioè grazie. Ho una piccola grande passione per la cultura giapponese, piccola perché poco approfondita, grande a livello epidermico, corroborata da un momento di difficoltà fisica nel quale ho iniziato a leggere libri sull’epopea dei Samurai. Con tutti gli eccessi di una società e una cultura competitiva, trovo la loro dignità eroica, soprattutto di questi tempi. Credo, anzi, che questa condizione sia estremamente sottovalutata, tra lacrime troppo facili (soprattutto nel calcio), persone che non fanno altro che lamentarsi e social dove spalmiamo tutta la nostra, finta, privacy. Dal vocabolario Treccani: «La condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso». Nobiltà ontologica e morale, ecco la chiave.

Cosa c’entra questo col Mondiale e col calcio? Secondo me molto. Cosa c’entra con Arezzo? Ora ve lo spiego. Sono solito camminare intorno allo stadio e posti limitrofi, camminata veloce illudendomi di dimagrire, che potrebbe anche succedere se poi a tavola non mangiassi questo mondo e quell’altro. Cellulare, cuffie, una bottiglietta d’acqua e un pacchetto di fazzolettini. Tutto esce e tutto torna con me, oppure nei secchioni della spazzatura che si trovano copiosi lì in giro. Eppure, soprattutto dietro l’ex Maratona del Città di Arezzo, c’è di tutto e non date la colpa ai tifosi, perché nemmeno ci passano quando ci sono le partite. Soprattutto bottigliette di plastica e… sarebbe fin troppo facile puntare il dito contro alcune categorie di persone che compiono quello che per me è uno scempio. Come se non fosse la nostra città, come se fosse solo un problema di terzi, quell’idea allucinata e allucinante che ciò che è bene comune sia merda, che tanto qualcuno poi ci penserà. Mi ritrovo pure a raccattare bottigliette in giro per la città, forse è il segno della vecchiaia incipiente e dell’intolleranza debordante verso la stupidità, generale e generalizzata.

La dignità, quella condizione di nobiltà ontologica e morale, scarseggia e a pensarci meglio non è che è diminuita adesso, non diamo la colpa ai millennial o al digitale, la dignità è una condizione che gli italiani conoscono a malapena. Nella vita di tutti i giorni come nello sport, basta guardare come vengono affrontate nei campi di calcio vittorie e sconfitte e come vengono successivamente commentate: «rosica», «muto», «ladri», ecc. Ovviamente con una pochezza di vocabolario da fare invidia a un bambino di un anno. I giapponesi hanno iniziato ad amare il calcio molto prima di tanti altri popoli fuori dalle direttrici europee e latinoamericane, probabilmente non vinceranno mai un Mondiale, ma il loro spirito di sacrificio e la loro compostezza, nella vittoria come nella sconfitta, resteranno scolpiti nella storia di Russia 2018 e nella memoria di chi, come me, sa apprezzare queste qualità. Da Arezzo, plasticamente, è tutto, linea a Mosca.

6. continua

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Francesco Caremani

Francesco Caremani

Comunicatore e giornalista, collaboro, tra gli altri, con Il Foglio e Tuttosport. In pratica? Faccio cose, vedo gente, «se son d’umore nero allora scrivo»