Arezzo-Mosca A/R. Francesco Caremani: per chi tifano gli aretini al mondiale senza Italia

. Inserito in A piene (Care)mani

Duemilaottocentoquarantatré chilometri dividono Arezzo da Mosca, attraverso Austria, Repubblica Ceca, Polonia e Bielorussia. Ma la distanza che ci separa dal Mondiale è siderale, visto che l’Italia non si è qualificata.

Avremmo potuto citare «Il cavaliere azzurro» di Kandinskij, ma dobbiamo attenerci alla prosa.
Dice che il pittore franco russo per dipingerlo utilizzò una tecnica vicino all’Impressionismo, la stessa che noi italiani abbiamo imparato guardando la Nazionale di Giampiero Ventura, il quale, come capita spesso in questo Paese, ha avuto pure l’occasione di dire la sua in diretta televisiva senza contradditorio, nemmeno un medianaccio che lo marcasse stretto, col microfono.

Mancano le bandiere appese ai balconi, manca soprattutto l’adrenalina della partita, dello scontro, anche se non ci stiamo facendo mancare niente a livello politico e sociale, tanto se non c’è il calcio a distrarci ci pensano altri a inventarsi l’emergenza del momento, cavalcata con like e post intelligenti come un cross di Candreva.
Manca, però, quel modo di stare in famiglia e quello fantozziano di tifare: «Chi ha fatto palo?».
Perché siamo così, un po’ cialtroni, ma non vogliamo guardarci allo specchio, poi, però, ci pensano le trasmissioni post partita di Mediaset a riportarci ai nani e alle ballerine che sembriamo meritarci.
Il calcio, questo sconosciuto, eppure più epico di quanto certa vulgata radical chic voglia far credere.
Qualcuno sui social c’ha provato a scrivere che con il Mondiale ci saremmo dimenticati i proble… niente, fa già ridere così.
Comunque ci siamo risparmiati i commenti socioculturali, tra una birra ghiacciata e una frittata con cipolle, e anche il divieto di fare il barbecue.

In Russia, infatti, tra i vari veti, durante il periodo della Coppa del Mondo, c’è pure quello di cuocersi due salsicce sulla brace.
Ad Arezzo una cosa del genere, visto il nostro amore per la carne di maiale e per tutte quelle manifestazioni per le quali siamo capaci di fare file disumane, avrebbe provocato una rivoluzione coi fiocchi.
Ma Putin, si sa, è un vero maschio.
Il Mondiale, comunque, si segue lo stesso, chi per lavoro (leggasi sottoscritto), chi per passione.
E la passione conduce a soddisfare le proprie voglie, schierandosi, altrimenti che gusto c’è? Ma per chi?
Per me è difficile.
Nato nel ’69, ‘cresciuto’ al calcio nell’82, non avrei mai creduto di vivere un’estate così triste, solitaria y final.
Però me lo sono chiesto. Tifare? E per chi?

Il cuore dice Argentina, la seconda Italia nel mondo, anche se proprio il ricordo d’Italia ’90 mi fa venire ancora la gastrite.
Simpatie ce ne sono per l’Uruguay e per il Portogallo di CR7 (immenso), rispetto per Brasile, Germania e Spagna, affetto per tutte le piccole che si fanno rispettare.
Devo dire che in questi ultimi giorni m’è nata una certa simpatia per l’Inghilterra, forse perché sono pronto a scrivere il pezzo della sua irrilevanza per quanto riguarda il calcio delle nazionali.
Ma alla fine potrebbe essere solo pigrizia.

E gli aretini per chi tifano?
Grazie a un rapido sondaggio social, troppo apprezzati per le baggianate e mai abbastanza per il lavoro, si scopre un variegato mondo fatto di affetti, ricordi e posizioni sociopolitiche, come quella di Alfio che tiene per il Senegal: «… la squadra con l’unico italiano al Mondiale (Gomis, portiere della Spal, ndr)».
Per Giacomo il Brasile è il mito dell’infanzia, per Fabio Massimo l’unione di bellezza e sintesi (leggasi vittoria).
C’è l’Uruguay di Guido, la Spagna e la Germania di Mino, la Russia del nostalgico Elio, la Croazia e il Belgio di Paolo e non manca l’Islanda di Simone e Omero, che apprezza soprattutto l’interpretazione sociale dello sport e in particolare del calcio del Paese nordico.
Maurizio, invece, tifa per i giocatori juventini in campo, quindi se Argentina e Brasile insistono a tenere fuori Higuain, Dybala e Douglas Costa arriveranno i peggiori accidenti.
Maria Cristina ama la Polonia, come polacchi sono i suoi frati di Saione; quartiere di Arezzo sul quale sarà necessario aprire una finestra, né ideologica né emergenziale.

Citando, ancora una volta, Kandinskij potremmo essere la sua «Composizione X».
Citando, invece, il calendario, il Mondiale ci offre la chiusura dei gruppi A e B, con le rispettive partite in contemporanea.
Nel primo (ore 16) niente da segnalare, con Russia e Uruguay già qualificate, facilmente in quest’ordine per la differenza reti; Arabia Saudita e, soprattutto, Egitto fanno le valigie, troppo poca cosa per gli avversari che hanno sofferto il minimo indispensabile.
Nel secondo (ore 20) Spagna e Portogallo sono nettamente favorite su Marocco e Iran.
Difficile immaginare un finale diverso con CR7 e compagni che hanno a disposizione due risultati su tre, contro la forza di volontà degli iraniani.
Russia-Portogallo e Spagna-Uruguay, secondo una prima proiezione (sicuramente più realistica di quelle elettorali), sono già due ottavi di finale interessanti e anche seri, per un calcio che al Mondiale si guarda allo specchio.
Noi, invece, siamo qui a raccontarci il nostro «Azzurro tenebra» e il fantasma dei Mondiali passati.
Da Arezzo è tutto, linea a Mosca. 

1. continua

Tags: calcio Mondiali Russia

Francesco Caremani

Francesco Caremani

Comunicatore e giornalista, collaboro, tra gli altri, con Il Foglio e Tuttosport. In pratica? Faccio cose, vedo gente, «se son d’umore nero allora scrivo»