Taglio parlamentari: ecco cosa pensano i candidati a Sindaco di Arezzo

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Il ''Comitato per il No al taglio dei parlamentari'' ha chiesto ai candidati a Sindaco per il Comune di Arezzo alle elezioni amministrative del 20 e 21 settembre 2020 di esprimere la loro posizione riguardo al quesito che verrà posto ai cittadini in occasione del referendum costituzionale

Ad oggi hanno risposto:
 
Fabio Butali, Prima Arezzo:
''Ringrazio per l'opportunità data ad ognuno di noi, di potersi esprimere sul prossimo referendum.
La trasversalità della nostra lista, però, ci impone una totale libertà di espressione a riguardo. 
Prima Arezzo si propone come alternativa ad una conduzione meramente partitica della realtà amministrativa locale, con i risultati sotto gli occhi di tutti. 
Per questo e per altri motivi, ritengo inopportuno manifestare la mia intenzione di voto riguardo al referendum, evitando di inserire nel dibattito un tema complesso ma superfluo rispetto alle numerose tematiche sul tavolo.
Posso solo auspicare che le forze politiche riescano, in breve tempo, a produrre una seria riforma della legge elettorale. 
Ciò che manca, in questo Paese, è una reale rappresentatività della volontà popolare, filtrata da candidature "blindate" ed imposte, totalmente avulse dal tessuto sociale ed economico a cui si propongono.''
Daniele Farsetti, Patto Civico Arezzo:
''Patto Civico per Arezzo è fermamente contraria alla legge costituzionale sul taglio dei parlamentari e si esprime convintamente per il NO al referendum. Il taglio dei parlamentari ha l’obiettivo di disgregare la Repubblica della Costituzione riducendo la rappresentatività del Parlamento. I padri costituenti, nel 1948, avevano parametrato il numero dei parlamentari alla popolazione: 1 deputato ogni 80.000 abitanti; 1 senatore ogni 200.000. La revisione costituzionale del 1963 ha fissato il numero totale a 945 (315 senatori, 630 deputati), corrispondenti oggi a 1 deputato ogni 96.006 abitanti e un senatore elettivo ogni 188.424). Con il pretesto di risparmiare 57 milioni di euro l’anno (lo 0,006% della spesa pubblica italiana), cioè un caffè a testa, per eleggere un deputato ci vorranno 151.210 elettori, anziché 96.006, per un senatore 302.420 anziché 188.424. Equivarrebbe a dimezzare la rappresentanza popolare in Parlamento. Una limitazione inaccettabile della sovranità: a maggior ragione perché auto-imposta.
Eppure l’Italia è già uno dei Paesi col più basso rapporto tra popolazione e parlamentari. 
Votare sì al referendum vorrebbe dire indirizzare la rabbia nei confronti dell’attuale classe politica, anziché verso di loro (sostituendoli con rappresentanti più capaci e soprattutto espressione diretta della sovranità popolare), verso la Politica stessa. Cioè verso noi stessi.
Una scelta autolesionista che comporterebbe nei fatti quasi il dimezzamento del valore, del peso, di ognuno dei nostri voti.
Come diceva il Presidente dell’Assemblea Costituente, Umberto Terracini "quando si vuole diminuire l’importanza di un organo rappresentativo s’incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti". 
Michele Menchetti, Movimento 5 Stelle:
''Buongiorno, Grazie per la Vostra mail. Sono a favore del taglio dei parlamentari per ridurre il numero degli stessi da 945 a 600. Voterò quindi SI al referendum che si terrà il 20 e 21 settembre.
Un referendum voluto da 71 senatori su circa 50 milioni di italiani aventi diritto al voto. Un referendum per cui sono state raccolte appena 669 firme a fronte delle 500.000 previste dalla Costituzione, solo grazie ai suddetti senatori. I motivi sono: maggiore efficienza e risparmio di 100 milioni l'anno. Cordiali saluti.''

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