Revisione del piano strutturale e del piano operativo, l’ordine degli architetti: “Diamoci una mossa”

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Antonella Giorgeschi, presidente dell'Ordine degli Architetti di Arezzo, interviene sul piano strutturale e sul piano operativo di Arezzo: "Vorremmo una città in cui convivano modernità e valorizzazione del patrimonio storico"

E’ passato poco più di un anno da quando il consiglio comunale  approvò l’atto di indirizzo presentato dal sindaco Ghinelli, che fissava le linee guida  e le tappe  verso il traguardo del nuovo piano strutturale e del piano operativo che la Giunta intende tagliare entro il 2020 quando si concluderà appunto la  legislatura Ghinelli.

E sono passati due mesi da quando una delibera di giunta ha dato il via alla terza tappa, quella che entra nel vivo del percorso con l’avvio della procedura di revisione dei due strumenti urbanistici  che passa dalla enunciazione delle linee guida alle indicazioni degli obiettivi e delle scelte strategiche.
Quelle che dovranno ridisegnare lo sviluppo della città nei prossimi quindici anni. 
Quindici anni sui quali ovviamente si proietta l’attenzione dell’Ordine degli architetti  che si è già letta la relazione di avvio del procedimento appena approvata dalla Giunta.
 “I primi indirizzi e i primi obiettivi – anticipa la presidente dell’Ordine Antonella Giorgeschipur nella genericità dei documenti, lasciano intravedere scelte orientate verso il mantenimento dello status quo, con la riproposizione di elementi progettuali del vecchio regolamento urbanistico”.

L’assessore all’urbanistica, Marco Sacchetti, appena ricevuta la nuova delega dal sindaco, aveva in effetti già fatto capire che tutto sarebbe stato ridisegnato all’insegna della crescita zero urbanistica, in linea con quella demografica.
Ma - aveva anche detto – crescita zero non vuol dire conservazione, vuol dire rigenerazione urbana senza consumare nuovo suolo”.
Lettura non propriamente coincidente, quella data dall’Ordine degli architetti che davanti alla relazione appena approvata dalla Giunta intravedono scelte orientate verso il mantenimento dello status quo.
La città che vorremmo – dice la presidente dell’Ordine degli architetti – è una città dove la modernità possa convivere con la valorizzazione del patrimonio storico, dove si persegua una politica dell’abitare che soddisfi i bisogni di tutte le fasce sociali, individuando nel recupero delle periferie il tema ordinatore dei processi di trasformazione e nella rigenerazione urbana lo strumento principale di intervento. Dove le infrastrutture si inseriscano armonicamente nel paesaggio, rispettandone la qualità e l’unicità, dove tutti gli ambiti del territorio siano dotati delle attrezzature materiali ed immateriali che aumentino la qualità dell’abitare”.

Ma l’Ordine degli architetti  dà indicazioni anche sui tempi di realizzazione degli obiettivi:   “L’orizzonte temporale sui quali si basa  l’analisi contenuta nella relazione di avvio del procedimento – dice Antonella Giorgeschi – è di dieci anni.  Ma per raggiungere questi obiettivi strategici si dovrebbe porre un orizzonte molto più ampio”. Per gli architetti non bastano dieci anni, ma questo non vuol dire procedere a rilento nel perseguire gli obiettivi.
Per farsi meglio capire, Antonella Giorgeschi indica la locandina, appesa nel suo studio, della giornata nazionale della prevenzione sismica appena celebrata ad Arezzo da architetti e ingegneri: “Diamoci una scossa” è il motto che campeggia sulla locandina.
Se fosse per lei, dopo aver letto la relazione  di avvio del procedimento di revisione degli strumenti urbanistici, riempirebbe la città di locandine dove campeggi il motto: “Diamoci una mossa”. Per ora si limita a dire che servono strumenti per idee urbanistiche veloci: “Con norme snelle - aggiunge - pur nel rispetto di tutte le normative, comprese quelle regionali”.

Idee veloci  e prima possibile il coinvolgimento delle parti interessate: “Per consentire la formazione degli strumenti di pianificazione – conclude la presidente dell’Ordine degli architetti - bisogna anticipare al massimo un vero e concreto processo partecipato" , rispondendo così alla domanda che viene dalla comunità di una condivisione  delle scelte che non può essere ulteriormente rinviata.
"Anche per superare - tiene a precisare - la sfiducia e lo scetticismo con cui i cittadini guardano alle decisioni urbanistiche”.

Romano Salvi

Romano Salvi