Fazzoletti e integratori israeliani nel cestino, dottoressa e infermiera si scusano: “Gesto dimostrativo, non volevamo offendere nessuno”

Alla Casa della Salute di Pratovecchio Stia, nel cuore del Casentino, due professioniste sanitarie – la dottoressa Rita Segantini e l’infermiera Giulia Checcacci – si sono filmate mentre compivano un gesto tanto plateale quanto controverso: prendere confezioni di prodotti della multinazionale israeliana Teva, scarabocchiarci sopra e gettarli in un cestino. I video, due brevi clip girate in camice bianco all’interno della struttura dell’Asl Toscana Sud Est, sono stati pubblicati sui social come gesto simbolico di protesta contro la guerra a Gaza. Secondo quanto ricostruito, i prodotti – integratori e fazzoletti – non sarebbero stati realmente eliminati, ma subito recuperati.
La diffusione delle immagini ha però scatenato forti polemiche. Da più parti si è criticato l’uso del luogo di lavoro e di beni sanitari, seppur campioni gratuiti, per una protesta di natura politica. La stessa Asl Tse è intervenuta con una nota ufficiale, prendendo le distanze dall’iniziativa e annunciando verifiche interne.
Il video di scuse
Di fronte alla bufera mediatica, le due operatrici hanno diffuso un nuovo filmato, in cui si mostrano visibilmente provate e rivolgono le proprie scuse.
Questo il testo integrale:
“Questo video è per chiedere scusa da parte nostra alle persone che si sono sentite offese dal nostro video e per i modi. Il video faceva parte di una campagna più ampia. I farmaci che sono stati gettati in realtà sono qua, campioni gratuiti, non acquistati con soldi pubblici. Sono integratori di sodio e potassio e salviette. Non li butteremmo mai via, sappiamo che quello non è il corretto smaltimento dei rifiuti. Un gesto simbolico rivolto alla pace, non volevamo offendere nessuno, né coinvolgere la Asl o i colleghi della Casa della salute. Abbiamo finito il lavoro alle 16.30, il video è stato registrato un’ora dopo, quando tutti i compiti erano stati assolti. Ci dispiace tanto per il fraintendimento, chiediamo scusa”.
Una vicenda che, nel giro di poche ore, ha messo in luce quanto sia delicato il confine tra gesti simbolici, uso dei social e responsabilità professionali, soprattutto quando in gioco ci sono figure pubbliche chiamate a rappresentare un servizio fondamentale come quello sanitario.