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giovedì | 31-07-2025

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Crisi del Settore Moda, imprese e indotto della provincia di Arezzo in emorragia

Il presidente di Confartigianato Moda, Marco Cerofolini, rilancia l’allarme: ”Bandi regionali insufficienti a sostenere le aziende. Nostre richieste rimangono inascoltate”. Le forti turbolenze che hanno attraversato il comparto moda negli ultimi cinque anni hanno avuto effetti profondi e negli ultimi mesi stanno continuando a danneggiare visibilmente il tessuto produttivo nazionale e provinciale. Il comparto moda in provincia di Arezzo conta 850 imprese attive, 104 aziende nel tessile, 432 nell’abbigliamento, 314 nella pelletteria e calzaturiero. Il numero degli occupati rappresenta il 16,6% dell’artigianato totale. Negli ultimi anni questo dato è drammaticamente diminuito con una flessione del 6,5% pari a 391 addetti in meno nel 2024 rispetto all’anno precedente. Un sistema che si concentra maggiormente in Valdarno.

In questo quadro la Regione Toscana ha destinato alle MPMI due tipologie di risorse: il Bando Innovazione Strategica Moda, che aprirà il prossimo 15 settembre con fondi da 200.000 a 1,5 milioni di euro e il Bando Filiera Smart, di cui ancora non si conoscono le tempistiche. Due misure che non sono facilmente utilizzabili per le MPMI.

“Dal nostro punto di vista – esordisce Marco Cerofolini, presidente di Confartigianato Moda Arezzo – mentre siamo impegnati a reggere l’urto dei mercati, questo tipo di aiuto non è sufficiente. Viviamo una situazione di emergenza che si sta protraendo da mesi – spiega Cerofolini – pur riconoscendo lo sforzo dell’intervento regionale e la rilevanza delle risorse stanziate, emergono tuttavia alcune perplessità. Le misure previste, in particolare il Bando Innovazione Strategica, risultano difficilmente accessibili per molte imprese di piccole e medie dimensioni, sia per la complessità dei requisiti sia per la struttura stessa dell’incentivo”.

Il bando infatti, richiede che almeno il 60% dei costi sia destinato a spese che riguardano l’innovazione e che le risorse stanziate siano collegate anche a servizi di consulenza, costi per ricerca contrattuale e personale altamente qualificato. Questi aspetti, ai quali si sommano la rigidità degli schemi progettuali e la congiuntura economica del settore, rendono molto complessa l’elaborazione di progetti che possano rispettare la conformità al bando e allo stesso tempo risultare utili alle imprese, in particolare per quelle di più piccola dimensione.

Negli scorsi mesi insieme alla conferenza dei sindaci del Valdarno, le categorie economiche si sono confrontate con i vertici regionali della Regione Toscana e con i tavoli ministeriali. Come l’incontro con l’assessore regionale Leonardo Marras, che si è tenuto a San Giovanni Valdarno la scorsa settimana. Il risultato di questi momenti di dialogo non soddisfa però i bisogni oggettivi del comparto. Di fatto non si tiene conto di quanto il settore della moda del territorio aretino, in particolare valdarnese, abbia valorizzato il Made In Italy in tutto il mondo.

“Come imprenditori – prosegue Cerofolini – ci sentiamo lasciati soli in balia di una congiuntura economica negativa, senza un reale salvagente che possa aiutarci a superare questa fase. Ci sembra che le istituzioni nonostante, il dialogo aperto, siano rimaste sorde alle nostre richieste. Auspichiamo quindi una revisione della struttura dei bandi affinché le percentuali siano riequilibrate, privilegiando gli investimenti materiali e produttivi, che risultano più facilmente sostenibili e immediatamente utili per la crescita e la trasformazione delle imprese, in particolare per quelle artigiane e di dimensioni medio-piccole che rappresentano il cuore pulsante del Made in Italy. In altre parole chiediamo che maggiore attenzione venga riservata per acquisti di nuovi impianti, macchinari, attrezzature Industria 4.0 e Industria 5.0 e ristrutturazione degli immobili”.

Tra il 2019 e il 2024 – un quinquennio segnato da shock globali come la pandemia, la crisi delle filiere internazionali, la guerra in Ucraina, l’emergenza energetica, le ricorrenti frenate del commercio internazionale e le incertezze geopolitiche legate alla crisi in Medio Oriente – il numero di imprese registrate nel settore moda è crollato, a livello nazionale, da 95.210 a 79.829, al ritmo di 8 imprese al giorno, di cui la metà sono imprese artigiane. A partire dal 2023 il calo della domanda estera e i profondi cambiamenti nei comportamenti di consumo hanno portato ad una situazione molto critica. Nei primi quattro mesi del 2025 l’export è sceso del 3,7%, la produzione ha registrato un calo del 9,3% e l’occupazione è diminuita del 5,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

“Oggi più che mai – conclude Cerofolini – il settore moda italiano ha bisogno di strumenti concreti, accessibili e calibrati sulle reali esigenze delle imprese. Solo così sarà possibile accompagnare il comparto verso le mutate condizioni del mercato”.