Violenza economica: il volto meno noto della violenza di genere

. Inserito in Politica

La “violenza economica”, riconosciuta dalla Convenzione di Istanbul, è una delle forme invisibili di violenza maschile contro le donne. Si tratta sostanzialmente di “una forma di controllo”, un “potere malato” che molti uomini esercitano nei confronti della moglie o compagna, ad esempio controllando le loro spese, impedendo loro di avere un conto corrente, vietandogli di lavorare o studiare.

I dati di un recente sondaggio pubblicato da WeWorld e realizzato con IPSOS, raccontano che una donna su due, quindi il 50% delle intervistate, afferma di aver subito violenza economica almeno una volta nella vita, percentuale che arriva al 67% tra le separate o divorziate. Una su dieci ha detto che il partner le ha impedito di lavorare ed il 28% tra le separate e divorziate ha subito decisioni finanziarie prese dall’ex compagno senza essere stata consultata. Lo stesso sondaggio certifica che la “violenza economica” è percepita come molto grave dal 59% delle italiane e degli italiani e le forme in cui essa può presentarsi destano molte preoccupazioni.

Il 91% del campione intervistato, considera “l’imposizione di privazioni economiche da parte dell’uomo nei confronti delle donne” la forma più grave di violenza economica.

C’è un legame profondo ma invisibile che lega molte situazioni di violenza al denaro. O meglio, alla negazione del denaro. Controllare ossessivamente le spese della compagna, impedirle di avere un conto corrente, indebitarsi a suo nome, vietarle di lavorare o studiare, son tutti esempi di violenza economica.

Non poter disporre di soldi ha ricadute negative non solo dal punto di vista finanziario, ma aumenta anche le difficoltà a separarsi dal partner violento: se non si ha denaro è pressoché impossibile andar via.

In Italia i dati di Episteme certificano che il 37% delle donne non possiede un proprio conto corrente ed il 44% non ha accesso alle risorse familiari. I dati non sono confortanti nemmeno se si guarda all’ambito lavorativo: infatti il 22% ha un partner che non vuole che abbia un impiego.

Per la segreteria provinciale Conferenza Donne Dem Arezzo, "è necessario che della violenza economica si parli e si indaghi di più, che si lavori per la prevenzione: in tal senso è fondamentale partire dall’educazione economica fin dai primi anni di età".

Infatti secondo il sondaggio di WeWorld, la quota di donne che non si sente per nulla preparata sui temi finanziari, è più del doppio rispetto a quella degli uomini.

La mancanza di denaro si traduce per le donne in una impossibilità di scegliere, perché i soldi sono sinonimo di potere, un potere che può essere esercitato solo se c’è l’opportunità di essere indipendenti, di emanciparsi. Indicativi in tal senso i dati IPSOS che certificano:

  1. Il 15% deve giustificare a voce con il proprio partner per come si sono spesi i soldi

l’11% ha dovuto giustificarsi mostrando scontrini, ricevute od estratti conto;

  1. Il 14% ha subito, almeno una volta, decisioni finanziarie senza essere prima consultata

Anche nei casi di separazione o divorzio la situazione economica fa la differenza. La conseguenza post separazione che più colpiscono le donne è il “non ricevere per niente la somma di denaro concordata per la cura dei figli” (il 37%). Una donna su 5 riesce ad avere solo una parte. Non esiste una “vittima tipo”: tutte le donne sono potenzialmente esposte o potrebbero essere vittime di violenza economica. Riteniamo pertanto utile che si attivino attività di prevenzione, cioè corsi di educazione finanziaria femminile come quelli effettuati da Banca Etica.

Tags: violenza di genere Donne democratiche