Le malattie della sinistra aretina

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Le ultime elezioni comunali (per quanto parziali) ci dicono alcune cose.

La prima cosa è che la destra in questo paese è forte, non è una novità, lo è sempre stata. Non ce ne siamo accorti perché nel tempo ha assunto varie maschere mentre oggi si mostra per quello che è.
Le elezioni ci dicono che il centrosinistra non è morto ma non sta nemmeno troppo bene, sta meglio al nord che al centro e sta meglio nelle città che non nei piccoli e medi comuni. In ogni caso saranno i ballottaggi a far pendere da una parte o dall’altra la bilancia. Non è dunque ancora tempo di tirare le somme.
Però una cosa la possiamo dichiarare senza tema di smentita. Queste elezioni ci dicono che la sinistra ha arretrato ancora nella nostra provincia e se si intende porre rimedio a questo lento ma continuo smottamento, non c’è da perder tempo. «Posso perdere una battaglia, ma non perderò mai un minuto», affermò un grande generale.
Fino a oggi la cosa più semplice è stata mettere la polvere sotto il tappeto. Si perde ma la colpa è sempre di qualcun’ altro. Delle liste di disturbo, di un candidato inadatto, dei personalismi, perfino della malasorte. Non ho sentito nessuno che onestamente abbia riconosciuto che la sinistra in questa provincia patisce diverse malattie.
È ammalata di narcisismo che ci fa pensare che siamo belli, bravi, intelligenti e gli altri sono brutti, stupidi e inadeguati.
È ammalata di miopia perché nel tempo non è riuscita a vedere come la destra in questa provincia si consolidasse giorno dopo giorno, adeguandosi alla mutazione sociale e culturale degli ultimi vent’anni.
È ammalata di cuore perché ha sopito la passioni trasformando la politica in tecnica per gestire l’esistente e trovando scomodo il ruolo dell’opposizione si acconcia ad accordi, accordicchi ed inciuci.
S. Francesco diceva: «Predicate il Vangelo, e se è proprio necessario usate anche le parole». Ecco forse bisognerebbe parlare meno, mediare di meno e agire di più.
Come se ne esce? Se ne esce con la consapevolezza che è finita un’epoca. Se ne esce trasformando le idee in azione. Purtroppo se mi guardo in giro vedo una politica dai denti spuntati che non morde più. Eppure le cose sono più semplici di quello che si pensa. Cos’è la politica se non tentare con gli strumenti del governo di migliorare la vita delle persone? Pensate proprio che sia così difficile avere una sanità che non costringa a pagare e rivolgersi al privato? Pensate sia così difficile impedire a una famiglia di dover scegliere tra mandare il figlio all’università, saldare le bollette e fare la spesa? Pensate sia così difficile avere un fisco snello e giusto che non forzi gli onesti a farsi ladri? Pensate sia così difficile trovare un equilibrio tra diritti e doveri? Pensate sia così difficile tutelare i valori che stanno alla base della nostra civile convivenza? Se pensate sia difficile non fate politica e così farete meno danni. Perché la differenza tra destra e sinistra, quella differenza che la gente non vede più, si misura su queste cose

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.