Atti, leggi, norme e decreti, contro cuore e passione
Non sono un fan di “Imagine” e non m’interessa se la rivista Rolling Stone l’abbia collocata al terzo posto nella classifica dei migliori brani di tutti i tempi. Nella mia grande ignoranza musicale continuo a preferire le arie di Puccini.
Quello che m’incuriosisce è la polemica sbocciata sopra questa canzone, dopo le parole della candidata leghista alla Regione Toscana.
La signora Susanna Ceccardi l’ha definita “marxista”, affermazione bislacca ma che non c’entra niente con la sua candidatura alla presidenza della Regione.
La storia doveva essere nata e morta lì. Invece no!
Tutti addosso alla povera Ceccardi, manco avesse bestemmiato in chiesa. Gli epiteti si sprecano: cavernicola, zotica e via dicendo. Insomma è tornato a galla quel maledetto vizio, di una certa sinistra, che non riesce a capire che il voto leghista, in Toscana e altrove, non è il parto di un popolo di sub-umani ma di gente normale.
Così facendo, cari amici, ci diamo una bella martellata nei testicoli, perché vorrebbe dire che i lunghi anni di governo della sinistra, nella nostra regione, hanno fallito la loro funzione educativa, allevando, nella terra di Dante e Petrarca, orde d’ignoranti e razzisti.
Le cose stanno in maniera diversa, altrimenti non si spiegherebbe perchè città come Siena, Arezzo, Grosseto, Pisa e Pistoia siano oggi governate dalla destra. In tutta umiltà credo che tutti, chi più, chi meno, a sinistra, abbiamo sbagliato qualcosa.
Ordunque, invece di ragionare di “Imagine”, sarebbe assai meglio capire cosa propongono Giani e Ceccardi su tre temi fondamentali: lavoro, sanità, scuola. Perché è dalle prossime elezioni che dovranno uscire risposte chiare per il futuro (post covid-19) della nostra Regione. E’ mia convinzione, infatti, che il voto di molti toscani alla Lega non denoti un senso di appartenenza, ma segnali un disagio, una protesta forte verso un modo di fare politica lontano anni luce dai problemi della gente. Detto in altre parole, ritengo sbagliato pensare che il voto alla Lega sia solo quello degli “sconfitti della modernizzazione”.
Votano Salvini imprenditori che stanno sul mercato globale, ragazzi che studiano, professori di greco e di informatica, piccoli artigiani e dipendenti. Un mondo variegato per cultura, provenienza e stato sociale. Certo, ci sono anche quelli che scelgono il Carroccio perché hanno paura del domani e si sentono abbandonati e insicuri. Vogliamo colpevolizzarli per questo? Un tempo era la sinistra che anticipava il futuro e costruiva reti di solidarietà. Purtroppo, nel corso degli anni, abbiamo accettato, senza fiatare, che s’indebolisse la “rete sociale” che garantiva protezione ai più deboli ed è logico che questi ultimi abbiano guardato a quei partiti che offrivano possibili soluzioni ai loro problemi.
Da chi dovevano andare, dallo stregone?
E’ qui il nodo da sciogliere, quella di una sinistra che ritiene che quasi tutto si risolva con atti, leggi, norme, decreti e non con il cuore e la passione, smarrendo così il progetto politico che viene man mano sostituito dal tecnicismo.
Le questioni vanno riportate alla loro semplicità, che non vuol dire banalizzazione. Tanto per capirci, non è un buon amministratore pubblico chi sale in vetta ai campanili per suonare la tromba, quando giù in basso i cantieri restano fermi e le famiglie soffrono per mancanza di lavoro.
Su questi argomenti dovrebbero confrontarsi Giani e Ceccardi, non sul testo di una canzone.
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