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lunedì | 29-09-2025

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Sport

Leonardo Semplici: “Arezzo mi ha insegnato il calcio, porto Firenze nel cuore”

L’allenatore ospite dell’evento del Festival del Calcio Italiano in scena ad Arezzo nell’ambito de “I protagonisti del calcio si raccontano” svoltosi all’Auditorium AIA Stadio Città di Arezzo venerdì 26 settembre scorso.

Un immenso successo di pubblico e di entusiasmo ha arricchito l’evento “I protagonisti del calcio si raccontano” con l’allenatore Leonardo Semplici come ospite e grande protagonista. Nella cornice di pubblico dell’Auditorium AIA Stadio Città di Arezzo, Semplici si è concesso alle curiosità ed ai microfoni, svelando aneddoti, curiosità e aspetti cruciali della sua lunga carriera, legata a doppio filo con la regione Toscana.

L’evento è stato arricchito dalla presenza di Aniello Cutolo, direttore sportivo dell’Arezzo Calcio, e di Alberto Melis, delegato CONI Arezzo. L’evento è stato presenziato da Donato Alfano, giornalista e project manager, ideatore del Festival del Calcio Italiano, quest’anno alla quattordicesima edizione: «Questa manifestazione è una festa dello sport che coinvolge anche il CONI in giorni intensi e bellissimi. Per raccontare non solo il calcio giocato, ma anche ogni suo risvolto, che è la soddisfazione più bella. Il ringraziamento va all’Arezzo Calcio e alla famiglia Manzo. Leonardo Semplici, che è uno dei fuoriclasse del calcio, ha giocato oltre che allenato ad Arezzo ed oggi ci onora della sua presenza».

A questo punto, parola all’ospite d’onore: «Come calciatore ho avuto la fortuna di conquistare qui una promozione dalla Serie C alla B con Serse Cosmi. Poi, da allenatore, sono stato in una piazza importante e ad Arezzo raggiungemmo i play-off. Ho avuto modo, come prima esperienza vera, di capire il funzionamento del calcio. Ritorno sempre con piacere ad Arezzo, dove ho tanti amici. Il mio ricordo migliore è la partita con la S.P.A.L. in cui abbiamo ottenuto la promozione. Mio padre era tifosissimo della Fiorentina e innamorato di Antognoni: ho seguito la squadra viola da tifoso e l’ho successivamente allenata nella Primavera. Sono molto legato a loro per questi motivi. In campo, da giocatore già trasferivo i concetti di allenatore, anche se a una carriera del genere ho pensato parecchio dopo. Gli ingredienti sono l’incoscienza, la fortuna ma soprattutto una società che ti permetta di lavorare. Ho allenato ragazzi come Bernardeschi e Mancini nella Fiorentina, oltre a molti altri che hanno sviluppato una carriera di successo. Chi ha giocato a calcio in certi livelli si trova con un pedigree addosso. Ma io non invidio nulla a nessuno. L’allenatore ha sempre molte responsabilità, non solo quelle legate ai giocatori».

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