Arezzo, situazione esplosiva: aggredito un calciatore amaranto

Inutile dire che il calciatore minaccia di lasciare Arezzo e l’Arezzo: sarebbe stato inseguito in macchina e il ragazzo si è molto spaventato. Dice: “Ragazzi, mi hanno aggredito, io da domani non vengo più, mi dispiace… mi hanno dato la caccia con la macchina… non posso, io da domani non vengo più, ho avuto paura“. Altrettanto inutile aggiungere l’esecrazione (sacrosanta) per un gesto sconsiderato e idiota che oltretutto mette nel mirino uno dei pochi sui quali è difficile sollevare appunti per le prestazioni, oltretutto arrivato qua solo a dicembre. È il segnale di una situazione non più tollerabile, di una rabbia che ormai ha solo due possibili vie di sfogo: il rifiuto (in tanti scrivono che smetteranno di seguire l’Arezzo) o la rivolta. La responsabilità di questo stato di cose non è difficile da individuare e fa capo ai vertici del sodalizio glorioso che coinvolge il sentimento di una città e veste i colori amaranto da quasi cento anni, ma non solo a loro, troppi hanno taciuto, avallato, spalleggiato, finto di non vedere per tornaconto personale o per ripicca, per l’ambizione di fingere di contare o semplicemente per ignoranza davanti all’evidenza. Per mesi chiunque avanzasse il minimo dubbio e la minima critica veniva accusato di essere venduto (a chi poi?), di scrivere sotto dettatura, veniva guardato di traverso ogni volta che si avvicinava ai cancelli dello stadio senza parlare dei commenti fatti dietro le spalle e che comunque (giacché non si vive in una metropoli) trovavano sempre il modo di arrivare all’orecchio di chi era oggetto della “sparlatura”. In 18 mesi di gestione sconcertante, è stato azzerato l’orgoglio e la dignità di una città, di una tifoseria, di un club glorioso che ha contato nelle sue fila fior di professionisti. Ci è stato raccontato di tutto, che sarebbero state poste le basi per salire in A, che ci saremmo salvati comodi, poi che lo avremmo fatto ai play-out, poi che avremmo certamente esercitato il diritto al ripescaggio, infine che avremmo vinto a mani basse la serie D. Il tutto in un tourbillon di giocatori ed ingaggi folli finanziati con il passivo della società (alla fine la proprietà ci ha messo un paio di milioni di tasca, come i predecessori, da Ferretti a La Cava che però non avevano fatto altri 4 milioni di debiti). Tra le tante vale citare l’ingaggio di un ex calciatore come Cerci, inguardabile in ogni circostanza in cui è sceso in campo e poi svincolato con lauta buonuscita a poche settimane dalla fine di una stagione che con la temuta retrocessione avrebbe azzerato i contratti dei professionisti senza indennizzo. Così siamo naufragati verso un ultimo posto vergognoso ed illogico, con l’ultima partita nella quale sarebbe bastato un punto per spareggiare la salvezza, giocata contro una squadra in pantofole che aveva già la testa (e la formazione, priva di tanti titolari) ai play-off promozione nella quale siamo riusciti a non scendere in campo imbarcando gol quasi per inerzia, perché proprio non potevano farne a meno i cesenati di buttarla dentro contro tanta pochezza. Poi la farsa della documentazione per il ripescaggio presentata all’ultimo minuto, che in realtà non è stata presentata affatto, quindi la conferma alla guida della parte tecnica di Muzzi (De Vito ho sempre avuto la sensazione che fosse l’uomo dello schermo) nonostante tutto e nonostante le proteste della tifoseria. L’ingaggio di un brav’uomo come Marco Mariotti, sessantenne mai titolare di una panchina d’élite in serie D, presto dimostratosi non all’altezza di un campionato da vincere a tutti i costi (così era stato proclamato). La nomina di un diesse trentenne (ma con venticinque anni d’esperienza…) mandato alla sbaraglio insieme al tecnico vincente con la Juniores, ma mai alla guida di una prima squadra, scelto perché aretino ed affossato perché in difficoltà a gestire un gruppo rivoluzionato per l’ennesima volta e ricco di individualità alle quali dire di non scendere in campo la domenica non dev’essere facile. Ora il ritorno di Mariotti, tutte scelte versione economy, a fronte di un ennesimo mercato inutilmente dispendioso con acquisti dubbi (Persano? Ma perché?Idem l’olandese ex Viterbese). Intanto siamo al 30 di gennaio e la stagione è andata. Al massimo si può sperare di arrivare nelle prime 5 con tutte le incognite ripescaggio già vissute questa estate. Se per 18 mesi, qualunque fosse l’assetto tecnico e il gruppo di giocatori, i risultati sono stati questi, occorre farsi una domanda e darsi una risposta. Che non è quella di correre dietro a chi va in campo.