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mercoledì | 27-08-2025

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La “finestra dell’abbraccio” contro le tenebre del virus: la storia di Gioconda, che ha scelto la vita – Foto

Quaranta giorni di ricovero con polmonite e sepsi, senza poter vedere figlie e nipote. Da Malattie Infettive a Terapia Intensiva, dove è stata intubata per sei giorni e le è stato applicato il casco per la respirazione, poi il ritorno in Malattie Infettive: a 73 anni la signora aveva deciso che non valeva più la pena continuare a lottare per la vita.

Avvicinare il letto alla finestra

“Rifiutava il cibo e le medicine, si strappava gli aghi”, ricorda Danilo Tacconi, direttore di Malattie Infettive. “Dal punto di vista medico stava meglio, ma non potevamo curarla se lei rifiutava tutto. Allora abbiamo alzato il telefono e parlato con una delle due figlie. Le abbiamo raccontato cosa stava accadendo proponendole di vedere la madre, ovviamente senza entrare in Degenza Covid ma attraverso i vetri. Il nostro reparto è al piano terra e potevamo avvicinare il letto alla finestra… L’abbiamo fatto. Adesso la signora Gioconda ha accettato di riprendere a mangiare e a curarsi”.

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Dall’altra parte del vetro

Non so come ho fatto a non mettermi a piangere quando ho visto la mamma“, si confida Manuela, una delle due figlie. “L’ultima volta era stata ai primi di novembre. Lei abita al piano di sotto a quello dove vivo io. Aveva cominciato ad avere i sintomi dell’influenza e il 3 novembre l’ho trovata in casa priva di sensi. Aveva la febbre alta e non mi riconosceva, vomito, diarrea. È stata quindi ricoverata“.

Sola la madre, sola la figlia, entrambe positive al virus. “Avevo passato con lei le tre notti prima del ricovero e mi ero ammalata anch’io. I medici del San Donato mi hanno informato sempre su come stava la mamma, hanno dimostrato tanta umanità. Una sera una dottoressa ci ha detto che seguivano la nostra come se fosse la loro mamma. Quaranta giorni e 40 notti durante le quali abbiamo capito che lei stava sempre peggio. Per cinque volte ha rischiato di morire e per altrettante io e mia sorella Maura abbiamo pensato che avremmo dovuto organizzare il funerale. Abbiamo immaginato il suo dolore, la sua insofferenza nell’indossare il casco, la sensazione di solitudine. Quando stava bene una delle sue domande era: ‘chi si prenderà cura di me quando starò male?’. Il momento era arrivato e noi non potevamo essere con lei”.

La vita di Gioconda non è mai stata facile. “È vedova da 22 anni, mio padre è morto dopo una lunga e dolorosa malattia. Mia mamma si è sempre fatta forza. Ha avuto cura di tutti i miei nonni, anche loro colpiti da malattie e infermità. Si è occupata dei suoi genitori e dei suoceri, è stata un punto di riferimento per amici e vicini. È una di quelle donne delle quali si dice che lavorano dalle cinque della mattina a mezzanotte. Ha fatto le pulizie, tagliato l’erba, ha sempre lavorato in casa, curandosi di tutti quelli che aveva vicino. Ha cresciuto me e Maura, era e continua ad essere una nonna straordinaria per sua nipote“.

Tutte di fronte a quella che medici e infermieri di Malattie Infettive chiamano ormai la “finestra dell’abbraccio”. “Non potevo entrare e parlare con la mamma. Su dei fogli le abbiamo scritto che le vogliamo bene e che ci manca, li ho accostati al vetro della finestra. Nei suoi occhi ho visto il dolore e la paura. Spezza il cuore lasciare sola una persona che si ama quando sta male e rischia di morire. Lo so che non ci sono alternative e io non posso che ringraziare i medici per quello che hanno fatto e stanno continuando a fare. Non solo per la mamma ma anche per noi figlie, permettendoci di vederla anche se da una finestra”.

Visite ai malati Covid, una questione spinosa

In questi mesi“, spiega il Dott. Tacconi, “le abbiamo veramente provate di tutte con i nostri pazienti. Telefoniamo ogni giorno ai familiari, li teniamo informati, cerchiamo di contenere la loro ansia. Quando ci sono le condizioni per il paziente, organizziamo contatti con gli smartphone e i tablet. La ‘finestra dell’abbraccio’ è una soluzione semplice e sicura che abbiamo messo in atto in relazione alla situazione assolutamente particolare di questa paziente. Stiamo seguendo il dibattito nazionale sulla possibilità di far accedere i parenti all’interno delle Degenze Covid, ma i problemi sono molti, di sicurezza ma anche organizzativi, perché sarebbe necessario far indossare tutti i dispositivi di protezione e questa è una procedura che deve essere accompagnata da personale esperto“.

La signora Gioconda ha rivisto le sue figlie e la voglia di vivere ha attraversato quel vetro. Le prime parole che ha letto dopo un mese e mezzo sono state “ci manchi” e “ti vogliamo bene“. Come dice la figlia Manuela, “adesso mamma ha deciso di riprendere le pasticche“.