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sabato | 08-11-2025

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Politica

Voto in Umbria, le vere ragioni della vittoria di Salvini. A seguire, Emilia Romagna e Toscana

“Dopo il voto in Umbria non mi va di unirmi agli ululati degli sciacalli e alle risate delle iene, non mi va di mischiarmi al coro dei saprofagi, sempre pronti a buttarsi sulle carogne. Epperò qualcosa mi sento di dire al malandato centrosinistra che nemmeno nelle regioni “amiche” riesce a ritrovare la via di casa.

Dopo che la destra aveva vinto sette elezioni regionali di fila, dopo che tra Umbria, Toscana ed Emilia si erano perse decine di città e di comuni, dopo il risultato negativo delle elezioni politiche mi sarei aspettato un rovesciamento, in grado di mostrare i limiti della sinistra e individuare delle soluzioni.

Consapevoli che non si perde solo per proprie deficienze ma anche per la capacità dell’avversario.

Potranno girarci le scatole, ma dobbiamo ammettere che Salvini interpreta meglio i sentimenti della gente, sta nei territori, ha militanti entusiasti e soprattutto è riuscito, con un’opera mirabile, a farsi votare da elettori che per generazioni avevano scelto la sinistra. Andate a farvi un giro tra gli operai di Terni, di Monfalcone e di Torino e ne sentirete delle belle. Nondimeno questo tema non sembra interessare a nessuno.

Se qualcuno pensa che in Umbria si sia perso per la questione morale, che pure esiste, è bene si ritiri in convento a meditare. In Lombardia è accaduto di peggio, eppure gli elettori non hanno fatto una piega.

La verità è che si è chiusa una fase dell’economia e con essa una stagione della politica e buona parte della sinistra non è stata in grado di accogliere il cambiamento.  Si è pensato che la mera gestione del potere, specialmente in sede locale, fosse sufficiente a mantenere i consensi. Non basta, perché, accanto alla gestione ci vuole una visione e un progetto.

Una volta, la sinistra, in particolare nelle regioni “rosse”, riusciva a mettere insieme sicurezza e coesione sociale offrendo al contempo una proiezione del futuro. Oggi non è più così. La sicurezza l’abbiamo appaltata alla destra, la coesione sociale è scomparsa nei mille rivoli di una società frammentata e, per quanto riguarda il futuro, è già tanto che si abbia in mente quello che potrà accadere domani.

Davanti a temi come la crisi economica, l’immigrazione, la perdita di prestigio delle istituzioni, l’aumento delle disuguaglianze, le difficoltà del ceto medio, la tassazione non si è stati in grado di offrire ricette credibili. Ci siamo chiusi in un universo tutto nostro, dove i diritti civili sono passati avanti ai diritti sociali creando un cortocircuito tra la vita delle persone e quello che noi predicavamo.

Il mondo corre e cerca risposte: Quale futuro per i figli? Quali pensioni per gli anziani? Perché non riesco a liberarmi dall’insicurezza? Perché non sono più libero di girare nel mio quartiere? L’elenco di domande è lunghissimo e ciascuno può aggiungere un suo dubbio.

A fronte di questo la destra spara soluzioni come pallottole e noi predichiamo agli uccelli. Ma giacché non siamo santi nessuno ci da retta. Sembra quasi che abbiamo paura a tuffare le mani nel fango della vita di tutti i giorni perché è sporco e qualche volta puzza.

Dopo l’Umbria toccherà all’Emilia e poi la Toscana? Con quest’andazzo, ci sono buone probabilità di andare a sbattere. In Toscana siamo all’affannosa ricerca di un candidato quando già il candidato dovrebbe essere sulla breccia. Ad Arezzo diciamo che il capoluogo sarà la madre di tutte le battaglie e invece sembra di essere ai mercati generali. 

Le sconfitte dovrebbero aver una funzione pedagogica ma per il Pd sembrano solo accelerare un dibattito piombato. Se continuiamo così, ci vorranno molti e molti anni prima di tornare competitivi e siccome, come dicevano i latini, “la vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione fuggevole, l’esperimento pericoloso, il giudizio difficile”, non credo che sia più il caso di indugiare. E se questo vuol dire rimettere in  discussione molte convinzioni, mettere da parte ambizioni, pensare prima agli altri e poi a noi stessi, riconoscere di avere sbagliato, facciamolo, prima che sia troppo tardi”.