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venerdì | 07-11-2025

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Politica

Regionali: la sfida non è a Firenze, ma su lavoro, servizi, sanità, territorio e ambiente

I numeri non sono un’opinione ed è chiaro che l’area metropolitana di Firenze, Prato, Pistoia sarà determinante per il risultato delle Regionali. Tuttavia in quelle parole ravviso il limite di mettere in un angolo la Toscana dei cento municipi, delle mille torri e i temi veri che devono contraddistinguere il dibattito politico e la campagna elettorale. Se ne deduce che la politica “che conta” deve, per sua natura, concentrarsi nelle grandi aree urbane, lasciando da parte il resto. E’ un errore pensare che la Toscana sia solo Firenze. E’ un errore che ha fatto pagare un prezzo salatissimo al PD nei piccoli comuni, nelle aree marginali e, da qualche tempo, in molti capoluoghi di provincia. E’ la stessa visione che si è inventata le aree vaste in ambito sanitario, oppure nelle politiche dei rifiuti. Una scelta che non tiene conto delle specificità locali, delle differenze territoriali, del sistema dei municipi (non municipalista), che da sempre è la forza della Toscana. Il problema, per come la vedo io, è che la politica ha smesso di essere tale, abbassando la testa davanti a un tecnicismo virtuale che non tiene conto della vita concreta delle persone.
Fatta questa premessa, devo dire che alcuni argomenti sollevati dal Sindaco di Firenze mi convincono:

1) Chi pensa di aver già vinto in Toscana è un cretino.
2) Non conviene incazzarsi con la Ceccardi perché non apprezza “Imagine” di John Lennon o s’incasina in dispute post-ideologiche sul fascismo. La sfida vera è sul lavoro, sui servizi, sulla sanità, sul territorio e sull’ambiente della Toscana. Il resto è fuffa.
3) Perciò occhio alla penna, settembre si annuncia duro: crisi economica post-covid, cassa integrazione, problematica riapertura delle scuole. Tutta benzina per il motore della destra. Se il centro/sinistra non torna a ragionare di lavoro, servizi pubblici, istruzione, stato sociale, la vedo dura. Ma parlare non basta, occorrono soluzioni perché con la solidarietà davanti ai cancelli delle fabbriche non si mangia.
4) Non possiamo continuare a credere (o a voler credere) che la questione dell’immigrazione, per altro complicata dal Covid, sia indifferente sui risultati elettorali locali. Andate a chiederlo in tanti comuni dove la sinistra ha perso. Negare il problema, o affrontarlo in maniera ideologica, come fa qualche esponente del PD nazionale, è un errore mastodontico.

C’è però una cosa su cui non concordo con Nardella, la sua idea che per superare le “oligarchie romane” sia sufficiente consultare sindaci e governatori. No, non basta, ci vuole una rivoluzione a 180° per ridare ruolo agli iscritti.
Per quale motivo qualcuno dovrebbe aderire a un partito se conta meno di niente? In troppi si sono dimenticati quell’articolo dello statuto del PD che dice che gli iscritti e le iscritte al Partito Democratico hanno il diritto di votare nei referendum loro riservati. Io sono arciconvinto che se su molte scelte, comprese quelle regionali, si fosse sentito il parere degli iscritti, si sarebbero evitati parecchi errori, perché, spesso, il sentire comune vale più di cento cervelloni.