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giovedì | 05-06-2025

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Radici e ali per chi non ha paura: fuori dalla tribù ideologica

Se non dici le parole giuste, se non ti allinei, oggi sei escluso dal dibattito pubblico. Devi per forza appartenere a una tribù ideologica. E invece è fuori dagli schemi che può nascere qualcosa di buono.
Dire “conservatore di sinistra” sembra una contraddizione. Eppure, non lo è. Anzi, forse è proprio quello che servirebbe in un tempo confuso, pieno di slogan e parole vuote.
Che cosa vuol dire essere di sinistra?
Vuol dire pensare agli ultimi, voler ridurre le disuguaglianze, difendere il lavoro, i più deboli, chi non ha voce. Significa credere nello Stato, in una scuola e una sanità pubblica che non lascino indietro nessuno. È credere che lo Stato debba avere un ruolo forte, non invasivo, ma presente: per sostenere, per equilibrare, per includere.
E che vuol dire essere conservatori?
Essere conservatori, nel senso migliore, è capire che non tutto va buttato via. Che ci sono valori, tradizioni, legami familiari, memorie collettive che hanno un senso. È avere rispetto per ciò che ha costruito la nostra identità. Perché senza radici, anche il progresso rischia di diventare solo confusione.
Un conservatore di sinistra non è contro il cambiamento, ma non lo accetta a occhi chiusi. Vuole migliorare il mondo, ma con intelligenza, non buttando via tutto ciò che ci ha portati fin qui. Sa che non c’è libertà senza responsabilità, che i diritti hanno senso solo se accompagnati da doveri, e che l’emancipazione richiede un terreno solido sotto i piedi. Lotta contro la povertà, ma crede anche nel merito, nell’impegno personale, e ama l’ambiente, ma cerca sempre un equilibrio.
In tempi di particolarismi ideologici e di identitarismi esasperati — quelli che ti dicono chi devi essere, come devi parlare, cosa devi pensare e scrivere— il conservatore di sinistra suona eretico. Non si lascia incantare dai nuovi radicalismi che sventolano etichette come “woke”, “fluidità”, “decostruzione”. Parole vuote per chi vive nel mondo reale. Non ha paura di essere considerato retrogrado.
Difendere le radici, oggi, è diventato sospettoso.
Parlare di comunità, identità, senso del limite, sembra una blasfemia. Non si cambia il mondo distruggendo tutto: si cambia costruendo meglio.
Essere un conservatore di sinistra vuol dire camminare su un crinale stretto. Vuol dire credere che il nuovo ha bisogno del vecchio per avere senso, e che la vera innovazione parte da chi conosce e rispetta ciò che c’era prima. Non è una posizione comoda. Ma forse è una delle poche che oggi abbiano ancora qualcosa da dire, fuori dai cori e lontano dalle certezze assolute.
Si può essere di sinistra senza essere ideologici. Si può essere moderni senza vergognarsi delle proprie radici. E si può conservare senza avere paura del futuro.
Non servono nuovi dogmi, servono nuove idee. Meno tribù, più pensiero.

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