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domenica | 01-06-2025

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PRC su Chimet Badia al Pino

 Non è possibile che – alla vigilia di un’importante decisione, per il futuro di una popolazione e dell’ambiente dove vive, che dovrà essere presa dalla Conferenza dei servizi in sede di V.I.A. per il progetto di ampliamento della CHIMET SpA –  le valutazioni vengano fatte e le decisioni prese anche sulla base di analisi su campioni di suolo e sottosuolo prelevati dall’area dello stabilimento effettuate (sempre, ancora…) dalla LASI SrL: questa è una società di sicurezza per l’ambiente presieduta da Maria Teresa Squarcialupi, figlia del legale rappresentante della CHIMET SpA Sergio Squarcialupi!

Onde evitare fraintendimenti, non c’è nulla di illegale in questo e non vogliamo mettere in discussione né la professionalità della D.ssa Squarcialupi né la correttezza della LASI SrL, in possesso del certificato Accredia per il settore laboratorio…ma…possiamo dire che è inopportuno che sia l’azienda della figlia a certificare che le analisi dei prelievi di strato superficiale di suolo – effettuati in data 4.5.2018 e rilasciati l’11.5.2018 nell’area dello stabilimento interessato dal progetto in questione di proprietà del padre“hanno rilevato valori dei parametri inferiori alle CSC (Concentrazioni Soglia Contaminazione)…mentre il test di cessione in acqua ne ha verificato il rispetto dei limiti per il recupero…”? Possiamo dire che è stato sconveniente consentire lo stesso procedimento di cui sopra anche per le indagini geognostiche eseguite il 4.7.2016 e rilasciate il 5.7.2016, ad esito delle quali “Le analisi…per la definizione delle caratteristiche della matrice suolo hanno rilevato valori dei parametri inferiori alle CSC…”?

L’autorità competente a rilasciare la pronuncia di compatibilità ambientale, il nucleo VIA della Regione Toscana – e quelle preposte alla tutela della salute delle persone e dell’ambiente, AUSL e ARPAT – stanno per assumere una decisione talmente importante e che avrà comunque delle ripercussioni sull’area in questione (già gravata, nel raggio di 5 km quadrati, da una decina di altre industrie definite dalla normativa “insalubri di 1^ classe”) che non deve esistere il benché minimo dubbio che verrà rispettato appieno il “principio di precauzione”.
E che, conseguentemente, tale progetto non potrà essere autorizzato qualora esso stesso non dimostri che la triplicazione di fatto dell’attività produttiva “mantenga la qualità dell’aria ambiente, laddove buona, e la migliori negli altri casi…” (2008/50/CE – D. L.vo 155/2010, “Mantenimento o miglioramento della qualità dell’aria”).

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