Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

lunedì | 15-09-2025

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Politica

La gioia genuina e l’ostentazione della liberazione, acqua e olio

Sono felice, anzi felicissimo, che la ragazza, una di quelle che non ha paura di sporcarsi le mani, sia tornata finalmente a casa.
Qualcuno dice che la solidarietà, la sua voglia di fare del bene poteva spenderle in Italia. Poteva farlo. Anche da noi ci sono migliaia di persone in difficoltà: bambini, anziani, diversamente abili, senzatetto. Tuttavia non me la sento di discutere un’opzione per i più deboli che è soprattutto una scelta di vita. E non credo nemmeno che intorno a questa vicenda sia giusto aprire un dibattito sul ruolo delle ONG o delle tante associazioni che operano nelle parti più povere del mondo. E’ fuor di dubbio che un’indagine sarebbe necessaria, perché non è tutto oro quello che luccica, ma questo non c’entra nulla con Silvia Romano.
Purtroppo nella sua storia si sono intrecciate cose che stanno insieme come l’acqua e l’olio: la gioia genuina per la ritrovata libertà accanto alla ostentazione della liberazione.
Ed è qui che il mio giudizio cambia.
Il sorriso di Silvia, la felicità che scorgo nei suoi occhi, escono offuscati da una celebrazione pubblica che è fuori luogo. Comprendo che dopo i giorni bui del covid-19 anche la salvezza di Silvia possa essere un raggio di sole, tuttavia rimango convinto che ci sia ben poco da festeggiare se un ostaggio torna a casa dopo che si è elargito un riscatto. Per quanto la vita umana sia sempre al primo posto, non vi è nulla di eroico nel pagare l’affrancamento di un prigioniero a chi, in vesti moderne, ripropone l’antico costume dei pirati barbareschi.
Ed è inevitabile che di fronte a una vicenda, trasformata in una questione pubblica, nasca il dibattito, la critica e l’esasperazione. Quella di chi dice “preferivate vederla dentro una bara”?
E di rimando la campagna d’odio che ha riempito i social. Con l’aggravante, secondo alcuni, che Silvia si è fatta musulmana.
Non entro nel merito della conversione, ogni cambiamento di fede merita rispetto, perché nasce da conflitto interiore. Mi assumo però la responsabilità di dire che anche questo fatto andava vissuto in maniera intima, senza sfoggio, senza offrire pretesti e bandiere a nessuno.
Pur tuttavia, al di là del caso particolare, certe teste quadre dovrebbero riflettere sul perché l’Islam in Africa e in molte altre parti del mondo conquista sempre di più i cuori e le menti dei credenti, fino al punto che, secondo alcune statistiche, nel 2050, supererà per numero di fedeli il cristianesimo.
C’è sicuramente una componente demografica, perché i musulmani fanno più figli e sono anche più giovani rispetto alle altre religioni. Ma sarebbe troppo comodo rifugiarsi dietro i numeri. Forse è anche questione di compattezza, di saldezza dei principi, di fede, di coerenza.
La verità è che da noi, alle cose che affermiamo, spesso non corrispondono i fatti. Una sindrome che vale vieppiù per la politica, dove in troppi predicano bene e razzolano male. Abbiamo molta gente che ostenta la fede come una bandiera e poi nella vita si disinteressa dei principi di morigeratezza, carità, umiltà e fratellanza.
Forse sta anche qui uno dei motivi del perché Silvia sia stata così aspramente criticata. I “farisei” spuntano dalla nebbia dei social perché sanno di non avere le carte in regola, sentono sulla propria pelle di non possedere l’etica necessaria per difendere quei valori a cui dicono di ispirarsi, ed allora sparano nel mucchio pensando così di salvare la propria anima.

Articoli correlati

Al momento non sono presenti articoli...