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venerdì | 07-11-2025

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Politica

Generazione lockdown e 50 col problema del pasto in tavola. Ricette per far rialzare Arezzo

Così come non bisogna essere draghi per capire che, oltre ai giovani, ci sono molte situazioni che gridano vendetta: i pensionati che non arrivano a fine mese, i diversamente abili, i precari e quelli che “quando hai passato i 50 e ti trovi senza lavoro la carriera non conta. Il problema è portare un pasto in tavola e non finire a fare il barbone”.
Non bisogna essere draghi per capire che, a fronte dei troppi drammi sociali, esiste una fascia di popolazione che ingrassa: Il 20% più ricco degli italiani detiene quasi il 70% della ricchezza nazionale, il successivo 20% il 16,7% del patrimonio nazionale, mentre il restante 60% possiede appena il 13,3% della ricchezza del paese.
Insomma, non bisogna essere draghi, per capire che il problema si chiama disuguaglianza, peraltro esasperata dal Covid, con i nuovi poveri di quella che qualcuno ha già ribattezzato “generazione lockdown“. E la disuguaglianza si supera con scelte politiche, non affidandoci alla divina provvidenza.
Dobbiamo smetterla di raccontare cazzate per cui, se uno va in pensione, quel posto è automaticamente preso da un giovane. La staffetta generazionale funziona solo in alcuni settori, come quelli della creatività artigianale, dove c’è trasmissione di sapere e di capacità. Per il resto serve ben altro.
Perché non basta proclamarsi keynesiani se poi ci si mette proni difronte alle ricette liberiste. Anche Draghi, oggi osannato come il nuovo messia, è stato presidente della Bce quando l’Europa sceglieva l’austerity e il patto di stabilità, con le conseguenze che sappiamo.
E’ il momento delle scelte. Per esempio cosa si può fare dalle nostre parti? In una provincia dove ci sono 50.000 iscritti al collocamento?
La vera sfida tra i partiti e le coalizioni, si gioca sulle risposte che si riesce a dare ai bisogni, alle aspettative e, perché no, alle paure della gente.
Propongo un tema: quello della formazione. Lo sanno anche i gatti che mancano percorsi formativi tecnico-professionali, di livello universitario, per rispondere alle richieste delle nostre aziende. Può essere un terreno per rilanciare il ruolo dell’Università. Consapevoli di un fatto: che occorre valorizzare la vocazione d’impresa perché non tutti possono fare i dipendenti. Ma per far questo non basta la formazione, sul piatto c’è il tema del credito, dell’aiuto tangibile alle start- up, l’abbattimento delle tasse, l’eliminazione di lacci e impedimenti per soffocano l’iniziativa privata.
Non tutti potranno fare i dipendenti, ancor meno i dipendenti pubblici. Nondimeno, ci siamo mai posti seriamente il tema del ruolo pubblico in provincia di Arezzo? Ci siamo mai chiesti cosa significhi in termini occupazionali il rilancio della sanità territoriale, l’assistenza agli anziani oppure un welfare di nuova generazione e i suoi collegamenti col terzo settore? E la scuola, questa eterna dimenticata, ha certamente bisogno di più personale, ma ha altrettanto bisogno di edifici moderni e rinnovati. Un lavoro enorme per manutentori e imprese del nostro territorio.
A fronte di questo, sarebbe utile una sorta di conclave degli amministratori aretini, in grado di stabilire le priorità, comune per comune e, alla fine, tirare le somme di un programma provinciale per infrastrutture, scuole, formazione, economia , sanità e sociale. Per far cosa? Per far sentire la voce di Arezzo al tavolo dei fondi europei. Oppure vogliamo continuare a pensare che il ruolo degli amministratori sia quello di fare i gran ciambellani alle feste di paese? C’è chi s’incazzerà di questa mia affermazione. Se ho offeso qualcuno mi scuso, tuttavia accetto la sfida: mettete sul piatto progetti concreti e non parole, quelle non fanno farina.