Arezzo: se la forma prevale sulla sostanza, sarà ripresa senza lavoro

Dopo 770 mila posti persi nel 2020 e 389 mila stimati per il 2021, l’anno prossimo ne saranno recuperati appena 313 mila. Eppure questi numeri non sono solo numeri, sono vite, aspirazioni, gioie, passioni, dolori, sono esistenze, sono persone. Tutte cose che non si calcolano con il metro della statistica, ma con quello della vita.
Ecco perché è necessario uscire dai tecnicismi e rimettere in moto gli ingranaggi della politica, altrimenti tutto si risolverà nell’ennesima operazione dove i ricchi diventeranno più ricchi e i poveri più poveri. In altre parole la crisi può diventare l’occasione per un’operazione di giustizia economica e sociale.
Questo compito, almeno sul piano delle idee e delle proposte, spetterebbe alla sinistra, altrimenti non si capisce cosa ci faccia al Governo. Insomma, la sinistra deve trovare una sua autonomia e non essere solo un pilastro dell’esecutivo, altrimenti, lo dico chiaramente, era meglio se rimaneva fuori.
Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; “rivoluzione” verde e transizione ecologica; infrastrutture per la mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione sociale, salute sono le linee guida del governo. Come non essere d’accordo?
Tuttavia si tratta di capire come le intenzioni diventano sostanza. In particolare il tema della transizione ecologica è decisivo per un diverso modello di sviluppo. Alla sinistra si chiede in questo senso un grande sforzo culturale per risolvere le contraddizioni che esistono tra capitale naturale e capitale economico, tra sfruttamento delle risorse e loro riproducibilità. Per questo è necessario inserire i progetti del governo dentro una visione d’insieme che privilegi l’istruzione e la ricerca, i trasporti, i servizi sanitari, lo sviluppo di un’economia verde. Così da rimettere in moto non solo l’economia, ma l’ascensore sociale e la ridistribuzione della ricchezza. Il tema che però mi sta più a cuore è come declinare in chiave locale queste idee. Se si esclude la Camera di Commercio e alcune associazioni di categoria, non vedo nelle e dalle istituzioni e/o partiti una grande spinta in questa direzione. Eppure di argomenti ce ne sarebbero. Per esempio l’attenzione da riservare ad alcune esperienze innovative che esistono nel territorio, la rivoluzione digitale e verde da applicare a settori tradizionali, l’importanza dell’agricoltura, la riscoperta dei centri storci, la ri-localizzazione del settore del credito, la formazione, un welfare rinnovato. E’ un campo larghissimo dove far convergere risorse e iniziative.
La provincia di Arezzo è stata forte quando le amministrazioni locali mettevano al centro il “lavoro”; oggi, in molti casi non è più così, la forma ha preso il posto della sostanza e i risultati purtroppo si misurano in negativo.