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mercoledì | 19-11-2025

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Eventi e Cultura

Proibito! Il lato nascosto della storia del cinema italiano tra tagli, scandali e libertà negate

Dal caso Visconti ai film “bruciati” dalla morale: Roberto Curti racconta un secolo di censura italiana al Foiano Book Festival, tra scandali, divieti e libertà negate.

Ci sono libri che non si limitano a raccontare il cinema: lo smontano, lo osservano da dietro il sipario e mostrano cosa succede quando un Paese decide cosa si può vedere – e cosa no. È il caso di Proibito: la censura cinematografica in Italia, l’ultimo lavoro di Roberto Curti, uno dei più attenti studiosi del nostro cinema, noto per le sue ricerche sul cinema di genere e sulle zone meno illuminate della nostra storia culturale.

Curti sarà ospite del Foiano Book Festival venerdì 21 novembre alle 21.00 nella Galleria Furio del Furia, per un incontro che promette racconti sorprendenti: film sequestrati, scene tagliate, scandali, moralismi, battaglie artistiche e veri e propri scontri politici.
Un viaggio tra immagini vietate, tabù e libertà, che aiuta a capire non solo il cinema italiano – ma l’Italia stessa.
Lo abbiamo incontrato prima per farci raccontare cosa sentiremo a Foiano.

Il titolo del suo libro è Proibito! La censura cinematografica in Italia (Edizioni Cineteca di Bologna). Quale episodio o censura concreta le ha dato il colpo di scena più forte durante le ricerche e perché?

Credo le vicissitudini di Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Siamo nel 1960. Il procuratore capo di Milano “suggerisce” al produttore di tagliare alcune sequenze oppure sequestrerà il film, il che è già di per sé un abuso di potere (la magistratura può sequestrare un film, non chiedere tagli). Visconti si rifiuta ma il produttore capitola, accettando di “oscurare” quelle sequenze: e nel frattempo, siccome il film è già nele sale, durante la proiezione i proiezionisti “oscurano” le scene incriminate manualmente, tappando il proiettore. Visconti, giustamente inviperito, parlerà di “cultura dell’oscuramento”.

Lei ricostruisce il percorso 1913–2021: quali sono i tre momenti chiave in cui la censura italiana ha cambiato direzione (politicamente o culturalmente), e come si riverberano ancora oggi?

Il primo è il 1923, quando, con Mussolini al potere da meno di un anno, viene emanata una legge che regola minuziosamente i casi in cui a un film verrà negato il nulla osta di circolazione: quella legge resterà in vigore per quasi quarant’anni, quasi il doppio del regime che la introdusse. Il secondo momento chiave è il 1962, quando finalmente viene introdotta una nuova legge (che tra l’altro prevede i divieti ai minori di 14 e 18 anni), che è quella arrivata fino al 2021, anche se negli anni 2000 molti pensavano non fosse neppure più in vigore. Il terzo momento è un caso celebre, stavolta di natura penale: la sentenza della Cassazione che nel 1976 manda al rogo Ultimo tango a Parigi giudicandolo osceno. È una decisione che va contro i tempi: il critico del “Corriere della Sera” scrive provocatoriamente: “Distruggere la pellicola di un film è soltanto una prova di debolezza di fronte alla libertà. Forse nelle città straniere, per incuriosire il pubblico, scriveranno sui manifesti: “Vietato ai minori di 18 anni e agli italiani”.

Ci sono regole o casi di censura che il pubblico moderno troverebbe sorprendentemente prudenti… o sorprendentemente violenti? Può fare un paio di esempi emblematici?

Fin dai primordi, uno dei casi previsti dalle normative per bocciare un film è la presenza di “fenomeni ipnotici o mediatici”, conseguenza della forte popolarità e suggestione popolare di ipnotismo e spiritismo negli anni ’10 del secolo scorso. Di conseguenza, ad esempio, gli horror su Dracula il vampiro, che ipnotizzava le proprie vittime con lo sguardo, da noi non si sono viste per decenni. Il Dracula del 1931, con Bela Lugosi, ad esempio, non è mai uscito al cinema da noi, ma è arrivato solo molto dopo, in televisione. Un altro caso significativo riguarda personaggi italiani raffigurati in maniera negativa in pellicole straniere: per molti anni, nelle versioni passate in censura, questi personaggi cambiavano “magicamente” nazionalità. Al punto che, in un film del 1938, Marco Polo (interpretato da Gary Cooper) diventa… scozzese.

⁠Quanto della censura italiana è stata “ufficiale” (istituzionale) e quanto è stato invece auto-censura dei registi e dei produttori? Ha incontrato testimonianze inedite di autori che hanno scelto di tagliare per prudenza?

Molto spesso è avvenuta da ambo le parti. Durante il periodo democristiano, in cui la censura era in mano a nomi quali Giulio Andreotti o Oscar Luigi Scalfaro, la censura operava su vari livelli, anche non ufficiali: contatti, suggerimenti, promesse di finanziamenti erogati oppure negati, e così via. Si potrebbe scrivere una storia del cinema italiano alternativa con tutti i progetti che registi anche prestigiosi, da Visconti ad Antonioni, da Lattuada a De Santis, sono stati costretti ad abbandonare.

⁠In che modo la censura ha influito sulla forma filmica — per esempio sulla messa in scena, sul montaggio o sulla costruzione dei personaggi — piuttosto che solo sul contenuto?

In concreto, alterando la visione dei registi, costringendoli a stravolgere la loro opera. O, il che è anche peggio, agendo all’insaputa degli stessi autori, che si ritrovavano davanti qualcosa che non era più il loro film. Ci sono pellicole a cui sono stati tolti o aggiunti personaggi, o con dialoghi totalmente stravolti. Film con finali tagliati o realizzati ex novo (uno su tutti: Senso, di Visconti), rimontati, scorciati fino a diventare incoerenti o incomprensibili. Anche insospettabili: come Totò e Carolina, uno dei film più bersagliati dalla censura italica. E xstiamo parlando di una commedia con Totò.

Con l’avvento di streaming, piattaforme internazionali e nuove forme di distribuzione, la censura «classica» perde potere o si trasforma in forme più sfumate (algoritmi, politiche di piattaforma, ecc.)?

Dopo il 2021, con l’introduzione di un sistema di autoclassificazione da parte dei produttori o distributori, non si può più parlare di censura vera e propria. Tuttavia, permangono problematiche legate al mercato: ed è la censura più pervasiva e strisciante.

Ci sono registi o film italiani che, per lei, sono “vittime eccellenti” della censura — opere la cui reputazione o carriera sono state segnate in modo duraturo?

In primis Pier Paolo Pasolini. La sua opera, letteraria e cinematografica, è segnata dalla censura, e gran parte dei suoi film hanno avuto vicissitudini processuali che assumono i caratteri di una vera e propria persecuzione, dal processo per vilipendio alla religione di “La ricotta” ai sequestri e dissequestri di “I racconti di Canterbury” e di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”. Ma ci sono altri nomi eccellenti: Luchino Visconti, Luigi Zampa, Marco Ferreri, Elio Petri, per citarne alcuni.

⁠La sua ricerca arriva fino al contemporaneo: quali tensioni morali o culturali ritiene più forti oggi quando si discute di limite tra libertà artistica e responsabilità sociale?

Penso sia indispensabile studiare il passato per capire il presente, e la storia della censura italiana – piena di episodi anche paradossali, ridicoli, incredibili, al punto che potrebbe fornire materiale da film (e in passato lo fu) – ci mostra un mondo imbevuto di moralismo e intolleranza che, se da un lato è lontanissimo, per certi versi è vicino in maniera inquietante ai tempi bui che stiamo vivendo.

Per concludere con un tocco pratico: cosa dovrebbe sapere oggi chi fa cinema in Italia se vuole evitare, fronteggiare o addirittura usare a proprio vantaggio il tema della censura? (e — bonus per il pubblico di Foiano — cosa porterà stasera allo spazio della Galleria? Un caso, un documento, un film da vedere insieme?)

Dovrebbe leggere il libro! A Foiano porterò una serie di brevi filmati che riguardano pellicole censurate, più o meno celebri, e credo in alcuni casi davvero sorprendenti, e, spero, divertenti.

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