Diario di Bordo
“Stringere mani e tanto impegno”: gli auguri di Natale agli aretini di Andrea Migliavacca, Vescovo tra la gente
Tra comunità, tradizioni, cambiamenti sociali, nuove povertà e speranza: il bilancio di tre anni di episcopato nella diocesi di Arezzo, Cortona e Sansepolcro di Mons. Andrea Migliavacca. Un percorso di prossimità con un forte richiamo alla comunità aretina a un impegno condiviso per costruire relazioni, coesione e futuro.
L’immagine di quel primo giorno è rimasta nella memoria collettiva: un gesto semplice, umano, quasi disarmante. Appena arrivato ad Arezzo, Andrea Migliavacca entrò in un bar del centro e prese un caffè. Un segno di prossimità che, a distanza di oltre tre anni, sembra aver anticipato lo stile con cui il Vescovo si è inserito nella realtà della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
«In questi tre anni ho avuto modo di conoscere la Diocesi: ho girato molto nelle parrocchie, nelle comunità, ho incontrato tante persone e i sacerdoti, ho visto la bellezza del nostro territorio e dell’arte, ho conosciuto imprenditori e aziende. Ho cercato di portare la presenza del Vescovo, che può offrire una parola di conforto. Mi sento pienamente partecipe, come un membro di una famiglia che si sente accolto. È una diocesi particolarmente intraprendente, ricca di tradizioni, attività e realtà ecclesiali e laiche».
Tradizioni che uniscono la comunità
Tra le molte tradizioni conosciute in questi anni, alcune hanno conquistato in modo particolare il Vescovo.
«Mi piacciono quelle che raccolgono la comunità. Tra tutte la Giostra del Saracino: è un momento bello, con la vita dei quartieri, arricchente e coinvolgente. Io voglio appartenere a tutti i quartieri».
Migliavacca cita anche il Palio della Balestra di Sansepolcro e il Carnevale di Foiano:
«Momenti di comunità che raccolgono tante persone e tanti giovani, occasioni in cui ci si ritrova e ci si sente parte di qualcosa».
Una comunità che cambia
Alla domanda sulla comunità aretina, il Vescovo risponde con uno sguardo lucido e realistico.
«È una comunità in grande cambiamento. Cambia il contesto in cui viviamo: l’intelligenza artificiale modifica alcune coordinate, anche il modo di essere comunità e dobbiamo imparare. È una comunità che invecchia, con il calo delle nascite, e questo ha riflessi anche economici. C’è poi il tema dell’integrazione di chi arriva da lontano, dell’accoglienza, degli spazi e dei luoghi».
In questo quadro si inserisce anche il tema del lavoro.
«A gennaio vivremo una giornata di confronto diocesana sul lavoro come strumento di integrazione e dinamica sociale. E c’è il tema dei giovani: dobbiamo interrogarci sul perché tanti vadano all’estero. Sono elementi di criticità reali, ma nonostante questo vedo una comunità capace di reagire, ricca di intraprendenza, capace di accorgersi dei problemi e di cercare risposte. Dovremmo imparare a mettere insieme le forze, costruendo un progetto condiviso».
Le nuove povertà
Il Rapporto Caritas, secondo Migliavacca, è uno strumento prezioso per chi governa.
«Offre una fotografia del territorio, uno sguardo importante per orientare le scelte».
Preoccupano in particolare le nuove povertà.
«Sono legate spesso al mondo del lavoro: perdere il lavoro significa mettere in difficoltà tutta la famiglia, magari con un mutuo sulle spalle. Penso anche alle separazioni: spesso è l’uomo a trovarsi in condizioni di forte criticità, a partire dalla casa. Sono povertà che esistono anche qui, nel nostro territorio».
Il Giubileo e la speranza
La diocesi aretina si avvia alla conclusione dell’Anno Giubilare, vissuto intensamente sotto il segno della speranza.
«Papa Francesco ha indicato con sapienza il tema della speranza: “spes non confundit”. In un tempo segnato da guerre, povertà e crisi educative, abbiamo cercato di ridare speranza. Per noi cristiani la speranza è Gesù Cristo».
Numerosi i momenti significativi: le tappe diocesane nelle chiese giubilari, l’incontro con amministratori, sindaci, Prefetto e forze dell’ordine, il Giubileo degli adolescenti a Roma nei giorni della morte di Papa Francesco, quello dei giovani a Tor Vergata e, infine, il Giubileo diocesano dell’11 ottobre.
«Eravamo 1.600 da Arezzo: con orgoglio posso dire che siamo stati la diocesi toscana più numerosa».
In Piazza San Pietro l’incontro con Papa Leone.
«L’auspicio è che il Giubileo lasci frutti concreti».
Tra questi, una comunità energetica tra Arezzo e Castiglion Fibocchi e un progetto legato al carcere:
«Segni di speranza e di attenzione al creato e alle fragilità».
Imprese, arte e responsabilità condivisa
Il Vescovo riconosce il ruolo decisivo del mondo imprenditoriale.
«Dall’impegno di lavoratori e imprenditori dipende la vita delle famiglie. Molti hanno una grande attenzione al territorio e al patrimonio culturale».
Da qui i ringraziamenti per i restauri della Pieve e del Duomo.
«Un grazie a Patrizio Bertelli e al Gruppo Prada per l’aiuto sulla Pieve, a Graziella e al Gruppo Braccialini per le porte della Cattedrale e del Vescovado. Sono segni che restano nella città».
L’augurio per il Natale
Avvicinandosi al Natale, Migliavacca affida agli aretini un’immagine semplice ma potente.
«Stringere le mani. A partire dalla famiglia e poi agli altri. Natale diventa autentico se stringiamo la mano anche a un povero o a uno sconosciuto. Da qui nascono relazioni nuove e il frutto è la pace».
E guardando al 2026:
«Mi aspetto l’impegno. Che ciascuno, a partire dalla Chiesa, metta in campo le proprie energie per rendere la nostra città e il nostro territorio un luogo più bello, più vero, più autentico in cui vivere».
Un invito che riassume lo stile di questi anni: prossimità, ascolto e responsabilità condivisa.





