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venerdì | 26-12-2025

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Diario di Bordo

Natale e solitudine relazionale: quando il silenzio diventa invisibile

Il Natale è tradizionalmente associato all’idea di famiglia, calore, condivisione e vicinanza. Le città si illuminano, le case si riempiono di addobbi e il racconto collettivo delle festività parla di relazioni che si rafforzano. Tuttavia, dietro questa narrazione rassicurante, esiste una realtà molto più complessa e spesso taciuta: quella della solitudine relazionale, una condizione che può acuirsi proprio nei momenti in cui la socialità viene data per scontata.

La solitudine non coincide necessariamente con l’assenza fisica di persone. Esiste una solitudine più sottile, profonda e dolorosa, che può manifestarsi anche all’interno di famiglie, condomìni e comunità apparentemente “normali”. È una solitudine fatta di mancato ascolto, di relazioni svuotate, di sguardi che non si incrociano più. Durante le feste, questo scarto tra ciò che si dovrebbe provare e ciò che si vive realmente può diventare ancora più lacerante.

In questi giorni, una tragica vicenda ha riportato con forza il tema all’attenzione pubblica. A Campi Bisenzio, un uomo di trent’anni è stato ritrovato morto all’interno di un baule nella casa in cui viveva con la famiglia. Secondo quanto emerso, il corpo sarebbe rimasto occultato per un lungo periodo senza che nessuno se ne accorgesse. Un fatto che interroga profondamente il senso delle relazioni, della prossimità e della responsabilità collettiva.

Su questo punto è intervenuta Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana e del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, richiamando l’attenzione su una fragilità che riguarda l’intera comunità.

La presidente dell’Ordine degli psicologi toscani, Gulino:
“Il dramma di Campi Bisenzio ci impone una seria riflessione su un senso di umanità sempre più rarefatto e impercepibile”.

“La tragica vicenda emersa in questi giorni nel comune di Campi Bisenzio, dove un trentenne è stato ritrovato morto all’interno di un baule nell’abitazione in cui viveva con la famiglia e dove, secondo quanto emerso, il corpo sarebbe rimasto occultato per un lungo periodo senza che nessuno se ne accorgesse, ci pone davanti ad una verità difficile e scomoda: esistono forme di solitudine relazionale estreme che possono svilupparsi e cronicizzarsi anche all’interno di contesti familiari”.

A dirlo è Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana e del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, a pochi giorni dal Natale, richiamando l’attenzione su una fragilità che riguarda l’intera comunità.

“La tragedia racconta di un isolamento profondo, prolungato nel tempo – sottolinea Gulino – che non ha trovato argini nelle relazioni sociali, nel vicinato, nella comunità. Non parliamo solo di disagio individuale, ma di una povertà relazionale che coinvolge interi sistemi di vita, in cui le persone smettono di essere viste e riconosciute, smettono di esistere”.

“Questo tipo di solitudine – continua la presidente – è una delle emergenze più gravi per la salute mentale contemporanea. Quando mancano relazioni significative e sguardi esterni, il disagio può crescere indisturbato, ‘normalizzarsi’ e diventare invisibile”.

“Il periodo delle feste – aggiunge Gulino – rende ancora più evidente questa frattura. Mentre il Natale viene raccontato come tempo di famiglia, calore e condivisione, casi come quello di Campi Bisenzio ci ricordano che non tutte le famiglie sono luoghi di salute e di relazione viva e che l’isolamento spesso si consuma dietro porte chiuse, per anni fino a diventare dramma”.

“Il benessere mentale e sociale – conclude la presidente – non si tutela solo con interventi individuali, ma attraverso comunità attente capaci di accorgersi dell’altro, di sollecitare o mantenere relazioni, di non lasciare che l’isolamento diventi invisibile o che l’individualismo dilaghi. La prevenzione passa dalla prossimità: senza relazioni, il rischio sempre più frequente è che il disagio resti sepolto nel buio e nel silenzio”.

Il Natale, allora, può e deve diventare anche un momento di consapevolezza. Non solo celebrazione, ma occasione per interrogarsi sulla qualità delle relazioni, sulla capacità di accorgersi dell’altro e di rompere quel silenzio che, quando si prolunga, può trasformarsi in tragedia.