La Giostra e l’arte del dettaglio: quando Arezzo si specchia nella sua piazza

Ogni rievocazione storica ha certamente una sua dignità. Perché ogni costume indossato con fierezza, ogni passo in parata, ogni battito di tamburo o sventolio di bandiere, racconta una passione popolare autentica, viva, sentita. Non me ne voglia nessuno, ma la Giostra del Saracino di Arezzo, che ieri sera ha infiammato Piazza Grande, è qualcosa di più. Rievocazione, ma anche competizione vera, fatta di tecnica, di regole, di sudore. È un evento unico, in cui la curva della storia non viene soltanto rappresentata, ma vissuta, messa alla prova e piegata, riscritta sulla lizza, lancia dopo lancia.
Chi ha assistito alla 147ª edizione, disputata sabato sera, lo ha percepito in ogni istante.
“Si vince o si perde per millimetri”, ha dichiarato a caldo Elia Cicerchia, protagonista assoluto della serata, capace di due centri perfetti nonostante la novità della monta per cause di forza maggiore: la cavalla titolare Olympia, infortunata, è stata sostituita all’ultimo momento con Toni. E Cicerchia si è esaltato nelle avversità, trionfando con la classe e la freddezza dei grandi. Una vittoria, la sua, misurabile in millimetri, dettagli non trascurabili, anzi, fondamentali per passare dalla disperazione, ‘giostresca’, s’intende, all’ebbrezza dell’esultanza.
Quei millimetri sono il vero cuore della Giostra: il dettaglio che fa la differenza, la traiettoria della lancia, l’inclinazione del busto, il cavallo che sente l’energia di una piazza colma d’attesa, la lotta del giostratore con se stesso, nel tentativo di superare i propri limiti, prima ancora che gli altri giostratori. D’altronde, visto che richiede la stessa precisione di un artigiano orafo, solo qui poteva essere il Saracino: un gesto millimetrico che separa la vittoria dall’errore, perchè come nell’arte orafa, non c’è spazio per l’approssimazione: è la cura del dettaglio a fare la differenza.
Che piazza e quanti messaggi!
Piazza Grande, tra le più belle del mondo, si è trasformata ancora una volta in un palcoscenico senza eguali. L’impatto scenografico dello schieramento dei figuranti, musici e sbandieratori, è stato, come sempre, sbalorditivo. Elegante. Imponente. Nessuna sbavatura. Nessuna improvvisazione, tanta preparazione. Solo l’estetica dell’orgoglio aretino, che non scende a compromessi.
E lasciatelo dire a coloro i quali per la prima volta hanno assistito al Saracino: tra le voci, abbiamo raccolto solo commenti entusiastici, la sorpresa, mista a gioia, di avere scoperto ed essere stati parte di qualcosa di unico al mondo, irripetibile a ogni latitudine, l’emozione di aver vissuto e provato, in un tempo sospeso, la palpitazione di mille e mille cuori.
Porta Santo Spirito ha conquistato la 41ª Lancia d’Oro, ma l’applauso va anche agli avversari. Perché questa non è solo una gara: è un’espressione corale di identità e appartenenza.
Di quella città che ci piace perchè non lascia nulla al caso. Che cura ogni aspetto, dal corteo storico di grande impatto con quasi 400 figuranti, ai cavalli trattati con rispetto e dedizione – veri protagonisti accanto ai giostratori – fino alla capacità di mantenere il sangue freddo e la concentrazione in una piazza vibrante di cori, colori e adrenalina allo stato puro.
La lancia. Nata come simbolo di forza e impatto – per tradizione strumento di offesa – si è trasformata, nel contesto giostresco, in un messaggio di pace, di riconciliazione e di fede nel futuro. Bene ha fatto a evocarlo con forza il Vescovo di Arezzo, che nel suo intervento ha sottolineato come anche gli strumenti della sfida possano diventare emblemi di unità, se illuminati da uno spirito diverso.
“Che questa Lancia del Giubileo, oggi, non ferisca ma unisca”.
Così, la Giostra del Saracino, pur mantenendo la sua natura di duello cavalleresco, si è fatta anche portatrice di un valore universale: la possibilità di trasformare il conflitto in confronto, la rivalità in dialogo costruttivo, la tradizione in ponte verso la speranza. Di pace. Di cui c’è urgenza estrema.
E se c’è un altro insegnamento che ci lascia la serata, è quello che in Giostra, come nella vita, non è finita finché non è finita.
Serve testa, cuore, pazienza, determinazione. E magari – come accade solo nelle grandi comunità – la capacità di fare squadra, anche quando si è avversari. Con rispetto, con valori, con onore.
La Giostra del Saracino di Arezzo è una lezione di stile, di identità, di competenza collettiva e rispetto delle regole e dei contendenti.
E forse, quel che abbiamo visto ieri sera in Piazza Grande, è ciò che vorremmo vedere applicato anche in altri ambiti della vita sociale: nella politica, nel lavoro, nella scuola, nello sport, nei rapporti tra cittadini.
Precisione artigiana, estetica, raffinatezza, cura del particolare, spirito competitivo, correttezza, senso di appartenenza e valore della tradizione.
Tutto questo è Giostra. Tutto questo è come ci piace Arezzo.