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venerdì | 23-05-2025

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Solitudine digitale, serve lavoro congiunto di scuola, famiglia e istituzioni

Bambini, gli Psicologi Toscani e i dati Ocse, rapporto secondo cui il 17% dei bambini si sente nervoso e ansioso quando è privato degli schermi: “Serve educare adulti e minori all’uso consapevole degli schermi, prima che diventino barriere affettive”.

“Un bambino che imita un adulto incollato al cellulare apprende che quello è un comportamento normale. E così, senza alcun filtro, lo schermo entra nella sua vita come se fosse un elemento naturale della routine familiare o scolastica”.

A dirlo è Maria Antonietta Gulino, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi e dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, commentando i dati del rapporto Ocse “Come va la vita dei bambini nell’età digitale”, secondo cui il 17% dei bambini si sente nervoso o ansioso quando viene privato dei propri schermi.

Una percentuale che, secondo Gulino, “dovrebbe allarmare non solo genitori e insegnanti, ma l’intera società. Ci dice che non stiamo costruendo una rete di protezione intorno ai minori, ma li stiamo lasciando soli con uno strumento invasivo, capace di nuocere gravemente alla salute”.

Secondo la presidente dell’Ordine degli Psicologi, è urgente agire su due fronti.

“Il primo fronte – spiega Gulino – è quello dell’educazione digitale: i bambini non imparano solo dai tutorial o dai cartoni, ma modellano il loro comportamento su ciò che vedono fare agli adulti. E se l’adulto è sempre al telefono, il messaggio è chiaro: quel dispositivo è centrale, imprescindibile, persino prioritario rispetto alla relazione umana”.

Il secondo fronte è quello della protezione: “Non si può lasciare un bambino ore da solo con un tablet. Occorre vigilare attivamente, spiegare, filtrare i contenuti, ma soprattutto essere presenti. Quel cellulare non è un compagno: è un dissuasore di relazione”.

Gulino chiama in causa il mondo della scuola, della famiglia, e della politica: “Dobbiamo smettere di considerare questi strumenti come innocui, neutri. Hanno un impatto sulla vista, sulla concentrazione, sul sonno, ma soprattutto sul modo in cui un bambino impara a stare al mondo. E noi adulti siamo responsabili di questo imprinting”.

La presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana lancia un appello: “Riportiamo il cellulare alla sua funzione originaria: un bene mobile, utile – dice Gulino – ma non onnipresente. E strutturiamo una rete culturale di attenzione, perché un minore lasciato solo davanti a uno schermo è un minore esposto. E un minore esposto è, semplicemente, un bambino non protetto”.

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