Dentro un capannone si coltivava marijuana, investigatori sulle tracce dei responsabili

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I militari erano impegnati in attività di prevenzione e controllo del territorio, connessa all’individuazione di illeciti commerciali e contro l’abuso di sostanze stupefacenti. Hanno deciso di controllare un capannone industriale di proprietà di italiani, ma che risultava dato in locazione a un cittadino cinese per scopi artigianali-commerciali.
Arrivati sul posto i carabinieri hanno notato subito che tutte le finestre erano state oscurate così da non poter vedere l’interno e da non far uscire la luce all’esterno. Insospettiti, si sono recati dentro e, una volta lì, hanno potuto constatare che l’intero stabile era stato suddiviso in sette locali con dei muri di carton gesso. Ciascuna stanza era adibita alla coltivazione intensiva della sostanza stupefacente.
La struttura era in stato di abbandono poiché il cinese che l’aveva affittata proprio pochi giorni prima del controllo – probabilmente preoccupato per le numerose verifiche che i militari svolgono nella zona – aveva mandato ai proprietari del capannone una lettera di recesso anticipato dal contratto, portando via gran parte della marijuana.
I vari locali erano organizzati per contenere centinaia di piante in vaso ed era stato predisposto un sistema di riscaldamento e areazione: sono state rinvenute infatti 176 lampade termiche per la coltivazione in serra, 102 ventilatori e un totale di 1.596 vasi con terriccio già preparati in modo ordinato e divisi nei vari ambienti in base al periodo di crescita della pianta. Poi è stato trovato un cucinotto attrezzato e delle reti con materassi, chiaro segnale che i coltivatori dormivano e vivevano all’interno del capannone. La droga era disposta nei vari ambienti e consiste in 20,150 kg di marijuana essiccata e 13,100 kg di piantine germogliate da coltivare.