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giovedì | 03-07-2025

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Urla dal silenzio

Ci sono momenti in cui tacere non è possibile, tanto più quando tutti — davvero tutti — si sentono in dovere di dire la loro. Una volta certi cialtroni avrebbero espresso le proprie opinioni solo dopo aver scolato un litro di vino in osteria. Oggi pontificano sui social, dispensano giudizi e verità assolute. Qualcuno la chiama democrazia. Ma no, questa non è democrazia. È una versione degenerata della libertà di parola, è un veleno che, goccia dopo goccia, avvelena il dibattito e mina la democrazia stessa.
Non a caso, nella generale indifferenza, si riscrive la storia. I fatti, i valori, la memoria collettiva vengono manipolati, distorti, banalizzati, occultati. E chi dovrebbe insorgere? Chi ha gli strumenti culturali per dire “no, non è così”? Gli insegnanti, gli intellettuali, i formatori di coscienze. Eppure, stanno in buona parte zitti. Non perché qualcuno gli tappi la bocca. Non c’è nessun nuovo squadrismo armato a intimidire queste voci. Il problema è che il loro ruolo è stato svuotato, marginalizzato, reso superfluo.
In Italia si sta silenziosamente smantellando il ceto intellettuale. Una parola scomoda, “intellettuale”, vero cari cialtroni? Fa storcere il naso, evoca presunzione, élite. Eppure, sono proprio gli intellettuali ad aver fatto avanzare il pensiero, la società, la scienza. Senza di loro, saremmo ancora a tirarci sassi con la fionda.
Ma oggi chi prova a educare, a spiegare, a formare, si ritrova solo. Colpito, screditato, umiliato. Non da un regime autoritario, ma da un nuovo tipo di squadrismo, più subdolo e diffuso: quello dei genitori che difendono figli bulli, vagabondi, teppisti, e insultano gli insegnanti invece di correggere i propri ragazzi. È lo squadrismo di chi picchia i medici al pronto soccorso, i controllori nei treni e i poliziotti che fanno il loro dovere. È il semi-squadrismo verbale dei leccapiedi che insorgono ogni volta che qualcuno osa criticare un’amministrazione o una figura di potere locale.
La cifra del nostro tempo è questa: il silenzio assordante della maggioranza e il frastuono ostile di una minoranza rumorosa, amplificata dai social, dalle urla, dai titoli strillati. Una minoranza che detta l’agenda, impone il tono, controlla il discorso.
E chi non si riconosce in questo sistema, chi vorrebbe opporsi? Si divide. Incapace di unirsi, di costruire alternative forti. Incapace di imparare — ancora — dalla storia. Quella vera.

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