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mercoledì | 10-12-2025

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Ambiente

“Salvare, non sopprimere. È così che si misura la nostra umanità”. L’appello di Cortonesi per salvare le nutrie di Arezzo

Il portavoce aretino della Rete dei Santuari Animali Liberi: “Possiamo spostarle e sterilizzarle a nostre spese, ma ci dicono di no. È assurdo ucciderle”. Una piccola famiglia di nutrie che vive da tempo nel fosso di via Romana, ad Arezzo, rischia di essere abbattuta per consentire i lavori di canalizzazione in corso. Ma c’è chi non si rassegna. È Francesco Cortonesi, portavoce aretino della Rete dei Santuari Animali Liberi, che si è mobilitato per trovare una soluzione alternativa.

Cortonesi, partiamo dai fatti: cosa sta accadendo in via Romana?
«Nel fosso di via Romana vive una piccola famiglia di nutrie, circa otto o nove esemplari. L’area è interessata dai lavori di canalizzazione e, per questo, gli animali devono essere allontanati. Noi non ci opponiamo allo sfratto delle nutrie — anzi, vorremmo proprio sfrattarle — ma vogliamo evitare che vengano abbattute. Ci siamo messi a disposizione per catturarle, sterilizzarle e trasferirle in un rifugio, a nostre spese. Sarebbe un’operazione a costo zero per la comunità, che permetterebbe ai lavori di andare avanti senza problemi».

Eppure la vostra proposta non è stata accettata. Perché?
«Perché la legge classifica le nutrie come animali alloctoni, cioè non originari del nostro territorio, e quindi “invasivi”. Questo comporta la loro eradicazione, che in pratica significa l’uccisione. Noi ci opponiamo a questa logica: per noi le nutrie sono animali senzienti, e ucciderle ci sembra assurdo e crudele».

Lei sostiene che non si possa più parlare di specie “invasiva”.
«Assolutamente. Le nutrie sono arrivate in Italia nel 1929, con l’apertura del primo stabilimento per la produzione di pellicce. Negli anni ’70, quando le mode cambiarono e la pelliccia non era più richiesta, molti allevatori aprirono le gabbie per evitare i costi dell’abbattimento. Le nutrie si sono diffuse in natura, adattandosi perfettamente. Sono qui da molto prima che noi nascessimo: come possiamo ancora considerarle estranee? Sono ormai parte integrante dell’ecosistema italiano».

Le campagne di eradicazione non hanno risolto il problema?
«No, e questo è un altro punto che dimostra l’inutilità della violenza. Gli interventi di abbattimento non hanno mai portato risultati duraturi. La riduzione naturale del numero di nutrie avvenuta in alcune aree non è dovuta alle campagne di sterminio, ma al ritorno del lupo, che ne è il principale predatore. Qui ad Arezzo parliamo di pochi esemplari: sterilizzarli e trasferirli sarebbe semplice e umano».

In altri Paesi, le nutrie vengono considerate diversamente.
«Esatto. È un animale originario del Sud America, poi diffuso in Centro e Nord America, dove è assimilato al castoro e in molti casi è considerato un animale da compagnia. Questo dimostra che è possibile convivere, senza trasformare tutto in un problema di “invasione” o “controllo della fauna”».

Qual è il prossimo passo della vostra battaglia?
«Non ci arrendiamo. Proveremo a interpellare il Ministero per chiedere una deroga. Intanto, continuiamo a sensibilizzare i cittadini: molti residenti della zona si sono affezionati a queste nutrie e ci chiedono di salvarle. Il nostro messaggio è semplice: le cose si possono risolvere senza uccidere, e questo vale non solo per gli animali, ma anche per le relazioni tra gli esseri umani. È un messaggio di civiltà».

Un appello finale?
«Sì. Questo non è un caso isolato: è il simbolo di un periodo storico in cui dobbiamo cambiare prospettiva. Gli animali non sono oggetti, ma esseri senzienti. Tutti gli esseri viventi, nessuno escluso, hanno diritto alla vita. Salvare queste nutrie significa affermare questo principio, con coerenza e rispetto per ogni forma di vita».