Quella sera che vedemmo Dio

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Con Diego Armando Maradona scompare un’epoca, quella contraddistinta da un calciatore capace di fare cose in campo che per altri erano semplicemente impensabili

Un campione in grado di trascinare l’Argentina alla vittoria del mondiale del 1986, una squadra composta di modesti impiegati della pelota, una formazione che senza il suo genio non avrebbe oltrepassato i sedicesimi di finale. Maradona è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. Genio e sregolatezza spesso vanno a braccetto, è stato così anche per George Best, un’altro che ha danzato sulla sottile linea rossa della vita e che ha lasciato anzitempo questa vita terrena. Voglio ricordare Maradona nel suo gol più bello, quello all’Inghilterra, scartando tutti i giocatori inglesi che ebbe a ritrovarsi davanti in quella sua corsa infinita verso la porta avversaria, saltati come birilli, per andare a depositare il pallone in rete con tanti saluti alla Thatcher e alla Regina Elisabetta. Quella sera ero davanti alla tv con mio padre e il mio grande amico Fabio Rossi, il quale iniziò ad urlare a squarciagola “ho visto Dio, ho visto Dio...”. Mia madre arrivò di corsa in salotto spaventata dalle urla, pensava che qualcuno si fosse sentito male, invece stavamo benissimo, Maradona era stato capace di stupire il mondo. Da quel giorno non c’erano più dubbi: il re del calcio era lui, un gatto selvatico imprendibile con il pallone incollato al piede, chiusi i giochi. Ciao Diego, hai vissuto 60 anni in maniera spericolata, “una vita come Steve Mc Queen” per dirla alla Vasco Rossi. Qualcuno ha provato a gestirti, ma tu eri l’istinto allo stato puro, andavi preso così, e grazie a questo tuo essere te stesso in maniera istintiva hai regalato emozioni irripetibili. Questo 2020 è proprio un anno di merda, ce lo ricorderemo per un bel pezzo...

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Massimo Gianni

Massimo Gianni

giornalista iscritto all’Ordine dal 1988, collabora con testate giornalistiche televisive e radiofoniche.