Decreto "Cura Italia", Inarsind a Conte: "No a essere trattati come figli di un dio minore"

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Ingegneri e architetti liberi professionisti esclusi dal decreto del 17 marzo scendono in campo in difesa dei loro diritti. Il segretario nazionale, l'ingegnere aretino Marco Becucci, firmatario del documento inviato alla Presidenza del Consiglio, chiede un piano straordinario di investimenti.

Tutti i liberi professionisti iscritti alle Casse di previdenza private sono stati esclusi dai contributi previsti per altre categorie nel decreto legge "Cura Italia" varato dal Governo lo scorso 17 marzo. Su questo non ha esitato a far sentire con forza la propria voce l'Inarsind, il sindacato che rappresenta gli ingegneri e architetti liberi professionisti, che ha indirizzato il 20 marzo scorso una lettera ufficiale al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, di fatto un vero e proprio documento propositivo dal titolo: "Cura Italia, la diagnosi e la terapia".

Inarsind nella lettera, firmata del segretario nazionale, l'ingegnere aretino Marco Becucci, insieme al presidente Roberto Rezzola, presenta un documento propositivo che affronta le specifiche esigenze della categoria: "Non si tratta", spiegano architetti e ingegneri, "di reclamare assistenzialismo né sussidi di cittadinanza", ma semplicemente di proporre al Governo "di affrontare questa epocale crisi del Paese con gli adeguati strumenti, anche assumendosi responsabilità di debito per il futuro".

Nel testo introduttivo alla lettera vera a propria, che inizia elogiando la Presidenza del Consiglio "per la capacità di affrontare con determinazione e competenza l'epocale crisi sanitaria", Inarsind solleva però la propria contrarietà rispetto a questa esclusione: ingegneri e architetti, ma in generale tutti i liberi professionisti "ordinistici", iscritti alle Casse di previdenza private, in un momento così critico si rendono infatti conto che "la loro condizione non è stata oggetto di concrete e reali misure di sostegno" e quindi si sentono considerati "figli di un dio minore" e "insieme alle loro famiglie e a quelle dei loro dipendenti e collaboratori non possono rimanere inermi".

Secondo Inarsind c'è "la necessità di traguardare oltre la fine dell'emergenza e iniziare fin da ora e con urgenza a studiare il piano di intervento straordinario, per riavviare e sostenere l'economia italiana, consentendole di uscire dal tunnel COVID-19". L'associazione sindacale, come spiega proprio Becucci, chiede quindi la realizzazione di "un piano eccezionale per risorse e tempi di erogazione" che "non potranno essere limitati alla concessione di ammortizzatori o sussidi una tantum, ma dovranno agire adeguatamente sui capitoli di investimento per le infrastrutture, per l'incentivazione degli investimenti in tutto il comparto produttivo strategico e innovativo, per la formazione e infine, ma non in ultimo, per il patrimonio immobiliare che costituisce l'essenza del paesaggio italiano".

Nel testo di Inarsind c'è anche un forte richiamo all'impegno comune europeo, con l'apprezzamento per il forte allentamento dei vincoli finanziari deciso da Bruxelles con "la decisione dell'Unione Europea", recita il documento, "di rimuovere le 'manette' del Patto di stabilità". Gli autori della missiva a Conte si definiscono "sempre più convinti che un ruolo fondamentale dovrà essere assunto dalla UE", per cui bisognerà tutti insieme, concludono, "trovare le risorse per attuare questo straordinario piano di investimenti infrastrutturali in grado di riavviare il Paese".

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