Morti sul lavoro, "Riconquistiamo tutto/Il Sindacato è un'altra cosa" al presidio davanti al Palazzo di Giustizia di Firenze

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Sabato 1 febbraio, durante la mattinata, la manifestazione davanti al Palazzo di Giustizia di Firenze "per non dimenticare i morti a causa del lavoro e contro l'azione repressiva nei confronti di chi si batte per la salute, per la sicurezza e per i diritti". Al presidio parteciperà anche la componente di opposizione in CGIL.

"Riconquistiamo tutto/Il Sindacato è un'altra cosa" (Opposizione in CGIL) di Arezzo parteciperà al presidio che si terrà la mattina di sabato 1 febbraio davanti al Palazzo di Giustizia di Firenze, in concomitanza con l'apertura dell'anno giudiziario.

"L'iniziativa è promossa dal CLA - Coordinamento lavoratori e lavoratrici autoconvocati/e per l'unità della classe", spiegano i sindacalisti in una nota, "per chiedere giustizia e non dimenticare i morti a causa del lavoro e quanti hanno perso la vita nei tanti disastri e stragi in Italia e per attirare l'attenzione contro l'azione repressiva dispiegata nei confronti di chi si batte per la salute, per la sicurezza sociale e per i diritti. A cominciare dalle eccessive misure repressive nei confronti di chi protesta contro inutili grandi opere dannose per l'ambiente, fino alle recenti applicazioni del Decreto Salvini in materia di blocchi e picchetti. Presentato pomposamente come strumento di contrasto 'all'immigrazione irregolare', il cosiddetto Decreto Sicurezza è in verità pensato appositamente contro le mobilitazioni sociali e adesso applicato anche nei confronti di lavoratori e lavoratrici in lotta e di chi manifesta in loro sostegno".

"I lavoratori", continua "Riconquistiamo tutto/Il Sindacato è un'altra cosa", "e le lavoratrici si raccolgono davanti al Palazzo di Giustizia per attirare l'attenzione e chiedere vera giustizia per la parte debole della società. Dove si continua a morire a causa del lavoro, nelle fabbriche, nei cantieri, per incidenti causati dalla avidità di profitti. Una società dove chi protesta pacificamente finisce in carcere, come la settantenne Nicoletta Dosio, mentre invece chi è responsabile di morti causate dall'amianto, da incidenti in fonderia, sui cantieri, sui viadotti o sui binari, gira liberamente protetto da stuoli di avvocati".

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