Hotel Miramare al Pietro Aretino, Rombi: "Siamo stati capaci di fare cose bellissime, dobbiamo tornare a quel livello"

. Inserito in La versione di Bianca

Giovedì 18 aprile al Teatro Pietro Aretino campeggia l’insegna dell’Hotel Miramare. Da questo albergo immaginario deriva anche il titolo dell’ultimo appuntamento della rassegna Z Generation meets Theatre.

Uno spettacolo con uno scopo dichiarato, particolarmente adatto a “chiudere il cerchio”: spingere il pubblico a chiedersi che ruolo abbia oggi il teatro.

In un futuro non troppo distante infatti questo luogo, da secoli simbolo di cultura e comunità, potrebbe ridursi a una semplice meta turistica, tappa fra le altre di un’originale gita organizzata. Proprio in occasione di un tour i protagonisti in scena metteranno piede nell’edificio dove un tempo «stava seduto il “pubblico”, rigorosamente al buio» e «sul palco gli “attori” recitavano». Un’esperienza che mette in moto la curiosità dei visitatori. E se il programma della gita parlava anche di uno spettacolo, ma mancano gli interpreti?

Questo copione surreale nasce dal bisogno di analizzare le contraddizioni della nostra società e dalla collaborazione italo-rumena fra le compagnie Catalyst e TAM Teatrul. L’origine internazionale della produzione si ritrova nella sua doppia lingua. Italiano e rumeno si mescolano, i sottotitoli fanno capolino solo nel finale. Ciononostante, nessun pericolo di perdersi nelle curve di un viaggio simbolico alla ricerca del paradosso teatrale. Parola di Riccardo Rombi, autore e regista di Hotel Miramare.

Bianca: Siete sicuri che il bilinguismo non renda più difficile seguire lo spettacolo?

Riccardo Rombi: Sì, e ti spiego perché. Abbiamo debuttato ad agosto in Romania, dove Hotel Miramare ha girato 10 città compresa Bucarest, la capitale. Il pubblico, anche persone che non si erano mai mosse dal Paese, capiva l’italiano. C’è sotto un grande lavoro linguistico, anche attraverso la scelta delle parole. Sono due lingue di forte segno latino, il campo semantico è lo stesso. In Italia abbiamo fatto una prima uscita a Barberino in settembre-ottobre, ieri al Puccini di Firenze: gli spettatori italiani hanno reagito molto bene.

Bianca: Quali sono i principali ostacoli della nostra epoca alla felicità?

Riccardo Rombi: Credo che il grosso nemico sia l’egoismo. Lo spettacolo lavora anche su questo. È come quando siamo innamorati: se vogliamo capire l’altra persona, non ci sono barriere che tengano. Non è un discorso sociale o legato alle etnie. Spesso succede: spettacolo italiano, pubblico italiano che, uscito dal teatro, si accorge di non aver capito nulla. Eppure parliamo la stessa lingua! Si tratta di aprire il cuore e dare una chance a quello che sta davanti a noi in fila al supermercato o al passante per strada, fare un sorriso, dirsi buongiorno. Tornare umani, ecco.

Bianca: Nello spettacolo ciò che risveglia le coscienze è la visita al teatro. Nella vita reale che scossa servirebbe?

Riccardo Rombi: Siamo stati un popolo capace di fare cose bellissime, dobbiamo cercare di tornare a quel livello. In tutto, da come parliamo a ciò che sappiamo. Il futuro non può essere fatto da uomini-scimmia, servono persone splendide secondo me. Dal professore universitario al manovale, tutti quanti dovremmo dire a noi stessi che vogliamo essere belli dentro, intelligenti, felici.

Bianca: Secondo lei un regista contemporaneo ha soprattutto il ruolo di trasformare gli spettatori in un elemento attivo della scena. Cosa deve aspettarsi il pubblico di Arezzo?

Riccardo Rombi: Sarà coinvolto innanzitutto nel compito di rimanere sveglio! Ho scritto apposta un testo che all’inizio sembra molto complicato ma in realtà è semplicissimo, in questa commedia le persone ridono e pensano. Secondo me oggi nei doveri di un regista rientra l’impegno a far sì che “contemporaneo” non significhi “noioso, strano, incomprensibile”. Come un computer o uno smartphone, lo spettacolo deve essere chiaro, facile e utile. Se il teatro non serve a qualcosa, allora non è teatro.

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Bianca Sestini

Bianca Sestini

Sono laureata in giurisprudenza e ho concluso il praticantato presso la Scuola di Giornalismo "Massimo Baldini" della Luiss di Roma. Parlo Inglese e un po' di Francese. Sono appassionata di fotografia, documentari e podcast della Bbc. Società, viaggi, cultura e scienza sono le aree che sono più curiosa di esplorare.