Lo stronzo, la persona più normale possibile: "Oddio, mica sarò così anch'io?"

. Inserito in La versione di Bianca

Luca e Lilli stanno uscendo per festeggiare i loro 10 anni di matrimonio quando fra loro qualcosa si rompe e una porta sbattuta li separa. Stasera, mercoledì 20 febbraio al Teatro Virginian di Arezzo va in scena "Lo Stronzo", una storia di violenza sulle donne

Il dramma del protagonista, incapace di curare la relazione che ha ferito, è al centro della sceneggiatura di Andrea Lupo, autore e interprete dello spettacolo.
È probabile che Luca farà di tutto per rimettere insieme i pezzi di ciò che pare aver mandato in frantumi in modo irreparabile. A sostegno della pièce, un tema delicato e un punto di vista poco esplorato. Di violenza di genere si parla più spesso e più forte che in passato negli ultimi mesi, ma quasi sempre i microfoni mediatici catturano voci di donne, vittime o impegnate nel contrastare questa forma di abuso.

Bianca: Partiamo dal titolo. Chi è il protagonista? Qual è il suo identikit?

Andrea Lupo: Chiunque di sesso maschile tu possa incontrare per strada. O il tuo vicino di casa. Lo spettacolo non parla di un uomo feroce, né di un pazzo, un drogato, un alcolizzato o di un extracomunitario-pericolosissimo-stupratore. Tengo molto al fatto che il pubblico empatizzi con Luca. Ci sono momenti in cui la gente ride di gusto, perché sa essere anche un uomo simpatico, ha un modo di fare brillante anche se un po’ becerone. Un tipo “classe media”, non volevo farne né un intellettuale né un ignorantone. È una via di mezzo dove stiamo tutti: la persona più normale possibile. Io amo molto alleggerire temi simili, in modo che con una risata il pubblico possa avvicinarsi più volentieri a certi argomenti per poi riflettere sul motivo per cui l’ha fatta.

Bianca: Che sensazioni prova nei panni di Luca?

Andrea Lupo: Come attori dobbiamo sempre difendere il nostro personaggio, altrimenti non potremmo interpretarlo. Prestandogli la mia carne e il mio sangue, sul palco io sono Luca, mio malgrado. La rabbia è davvero un’emozione che consuma, sono stanchissimo quando finisco lo spettacolo. Già qualche giorno prima di andare in tournée ho il rifiuto totale, non voglio mai fare questo ruolo! Non mi scorrono dentro belle sensazioni, ma succede sempre una cosa buffa che mi ha fatto notare il mio tecnico qualche mese fa. Mentre sono in viaggio per raggiungere il teatro faccio ogni volta 3 telefonate: alla mia migliore amica - che è anche mia socia -, a mia moglie e a mia madre. Come se chiedessi loro il permesso di essere un pezzo di merda!

Bianca: Cosa l'ha portata a mettere in scena questo tema?

Andrea Lupo: Un giorno d’estate, qualche anno fa, al telegiornale hanno raccontato di un femminicidio. Era la storia di una coppia sposata da 35 – 40 anni che stava partendo per le vacanze. Lui ha caricato le valigie in macchina, lei è arrivata e l’ha sgridato per come le aveva posizionate. I soliti battibecchi “da Casa Vianello”. Poi lei è rientrata in casa a prendere altre valigie, lui l’ha seguita e l’ha ammazzata di botte a mani nude. Una cosa che mi colpì molto fu che nel servizio, sotto casa dei due –  che orribile senso da guardoni abbiamo tutti! –, c’era una giornalista che intervistava vicini di casa e parenti. Tutti a dire: «una coppia fantastica, due persone così per bene, sempre impegnati in parrocchia! Lui? Un uomo meraviglioso, non li abbiamo sentiti litigare neanche una volta. Un raptus!». E la giornalista, che dava loro spago. Il nostro lavoro, come attori e come drammaturghi, consiste nel mettersi nei panni degli altri: ho provato a immaginarmi il raptus di quest’uomo, ma lui a una spinta non si è fermato, ha continuato a menare la moglie finché non è morta. Allora mi si è accesa una lampadina: siamo forse tutti potenziali “vittime di raptus”? Mi sono cominciato a interrogare sugli uomini che vedo intorno a me e ho incontrato nella mia vita. Ho parlato con amici e conoscenti del loro rapporto con il femminile e ho fatto più attenzione alla mia relazione quotidiana con le donne. Ne è venuta fuori la volontà di scuotere le coscienze maschili. Ovviamente è giusto che le donne sensibilizzino l’opinione pubblica sulla violenza di genere, ma a mio avviso sarebbe ancora più giusto che lo facessero gli uomini, visto che siamo noi ad agirla. Lo spettacolo dovrebbe farci interrogare su noi stessi, senza presunzione e molto umilmente.

Bianca: Quale messaggio vorrebbe mandare al suo pubblico?

Andrea Lupo: Messaggi zero, domande tante. Il complimento più grande me l’ha fatto uno spettatore. «Bravo! Bellissimo lavoro! Io ho tanti amici così», è venuto a dirmi in camerino. Poi gli si è spento lo sguardo all’improvviso e ha sussurrato fra sé: «oddio, mica sarò così anch’io?». Vorrei che ogni maschio in platea si ponesse la domanda se atteggiamenti comunemente accettati non siano già in realtà gocce non marchiate di violenza. L’altra reazione che vorrei scatenare riguarda le donne. Fino a quanto siete disposte ad accettare questo tipo di organizzazione sociale e di normalità nei rapporti con gli uomini? Dopo un’esperienza positiva, te ne racconto una orrenda. Una signora è venuta da me a complimentarsi per lo spettacolo: «mi è piaciuto tantissimo, però dai, non era mica tanto stronzo! Anche lei poteva aprirla quella porta, su!». Mi ha veramente preoccupato.

Tags: Teatro EF-B

Bianca Sestini

Bianca Sestini

Sono laureata in giurisprudenza e ho concluso il praticantato presso la Scuola di Giornalismo "Massimo Baldini" della Luiss di Roma. Parlo Inglese e un po' di Francese. Sono appassionata di fotografia, documentari e podcast della Bbc. Società, viaggi, cultura e scienza sono le aree che sono più curiosa di esplorare.