Un concorso come esca per storie di vita, “pretesto ufficiale” per dare risposta al bisogno di memoria di un intero Paese

. Inserito in La versione di Bianca

Quello che comincia oggi è il weekend che Pieve Santo Stefano aspetta da tutto l’anno. Il Premio Pieve è un magnete potente, in grado di attirare visitatori da tutto lo stivale italiano nel cuore di un comune da 3000 abitanti, ultimo baluardo toscano prima dell’Emilia-Romagna

Chi avrebbe mai scommesso su un concorso per diari e memorie? Eppure, dal trafiletto di giornale per raccogliere i primi scritti all’edizione n. 34 del Premio appena iniziata, l’idea delle origini dimostra un’ottima tenuta: un appuntamento indispensabile per nutrire l’Archivio dei diari, spalancarne le porte e diffonderne la missione.

L’intuizione del giornalista Saverio Tutino, ideatore e fondatore dell’Archivio nel 1984, partiva proprio da qui: un concorso come esca per storie di vita, come “pretesto ufficiale” per dare risposta al bisogno di memoria di un intero Paese. L’Archivio, il Piccolo museo del diario e il Premio Pieve sono 3 facce di un’istituzione che è diventata nel tempo un modello riprodotto in tutta Europa. Il sistema della memoria di Pieve Santo Stefano si esprime in attività eterogenee: dalla ricerca scientifica alle pubblicazioni editoriali, fino all’ispirazione e alla collaborazione in opere di cinema e teatro. Quando il “Caro diario” non basta, insomma.

Il programma dell’edizione in partenza, riflette in pieno questa dinamica complessità. Innanzitutto utilizzando la scrittura autobiografica per guardare il presente, oltre che il passato, con la giornata di apertura integralmente dedicata al tema della migrazione. Saranno 3 giorni  scanditi da mostre, spettacoli teatrali, presentazioni di volumi, confronti, interventi musicali, premiazioni. Un caleidoscopio di incontri in cui la vita e il suo racconto in prima persona rimangono sempre al centro.

Camillo Brezzi è direttore scientifico dell’Archivio dei diari e direttore del Piccolo museo del diario. Fa parte dell’organizzazione da circa 20 anni. L’esperienza si è costruita col tempo ma la passione sembra quella del primo giorno.

Bianca: Qual è l’identikit di un franco narratore?

Camillo Brezzi: Il Premio Pieve, fin dalla sua nascita, non è un premio letterario. I nostri diaristi non sono scrittori ma franchi narratori proprio perché raccontano con autenticità e genuinità la loro esperienza di vita.

Bianca: Che peso e che funzione ha la scrittura autobiografica oggi?

Camillo Brezzi: Può essere un modo per riflettere sulla propria vita, quindi qualcosa per se stessi. Oppure un mezzo per far sapere che certe disavventure si possono superare e dare una spinta agli altri per affrontare le difficoltà che tutti incontriamo nella vita. A Pieve ci sono anche dei diari che vengono secretati. Ovviamente non partecipano al Premio Pieve, ma fino a una certa data non possono nemmeno essere letti da studiosi, ricercatori, curiosi, come invece spesso avviene con gli altri diari.

Bianca: Questa realtà rappresenta un fiore all’occhiello per il nome di Arezzo dentro e fuori dall’Italia. Come siete arrivati fin qui?

Camillo Brezzi: Con grande sacrificio e in particolare con l’impegno di volontarie (la maggioranza sono donne) che in tutti questi anni hanno schedato i diari, li hanno letti nella Commissione di lettura, hanno scelto i finalisti. E anche grazie a tutte le persone che durante il Premio Pieve arrivano da fuori per darci una mano, perché tutto funzioni. È una grande festa di volontariato. Arezzo comincia a guardare con una certa attenzione a questo Premio, direi che si è avvicinata. Nel nostro Paese il capoluogo di provincia o di regione nutre un po’ di spocchia nei confronti del contado. Il fatto che l’idea folle di Saverio Tutino abbia avuto questo successo in un paesino che non ha nulla - come Pieve Santo Stefano - è una cosa impensabile per tutta Italia, non solo per la provincia aretina. Ecco, io penso che forse Arezzo doveva appropriarsene un po’ di più.

Bianca: Lavorare per l’Archivio dei diari significa diventare professionisti della memoria: quali sono le lezioni più importanti che quest’esperienza vi ha insegnato finora?

Camillo Brezzi: Sono tante. Queste memorie ti riempiono, ti fanno crescere e appassionare a questo mestiere. L’ottimismo è un aspetto ricorrente, ma questo non vale per tutti i diari. Sono tanti gli elementi che vengono fuori da più di 8000 storie, di fronte a certe pagine ci emozioniamo.

Bianca: Il Premio Pieve e il Museo del Diario sono ingranaggi indispensabili per la circolazione delle storie. Cosa si può fare di più?

Camillo Brezzi: Penso che i giovani dovranno stare al passo coi tempi e nei prossimi anni inventeranno sicuramente qualcosa. Per me basta così: sono arrivato fino al Piccolo museo del diario, più in là non vado.

 

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Bianca Sestini

Bianca Sestini

Sono laureata in giurisprudenza e ho concluso il praticantato presso la Scuola di Giornalismo "Massimo Baldini" della Luiss di Roma. Parlo Inglese e un po' di Francese. Sono appassionata di fotografia, documentari e podcast della Bbc. Società, viaggi, cultura e scienza sono le aree che sono più curiosa di esplorare.