"Qui, mamma, c'amazzon tutti". Andrea Merendelli: "Ecco come nasce Tovaglia a quadri di Anghiari"

. Inserito in La versione di Bianca

Anche quest’estate Anghiari punta sulla tovaglia. Dal 10 al 19 agosto Tovaglia a Quadri, la “cena toscana con una storia da raccontare in quattro portate”, torna ad animare la storica piazzetta del Poggiolino

La tovaglia a scacchi bianco-rossi, simbolo della tradizione contadina e della manifattura locale, addobba l’estate anghiarese dal 1996 e ha dato nome ad un appuntamento che festeggia, con questa, la sua 23esima edizione. La formula è sempre la stessa.

Da una parte, c’è la narrazione: una storia recitata dagli abitanti-attori non professionisti, messa in scena sfruttando a pieno l’angolo di borgo trasformato in teatro a cielo aperto per 10 notti all’anno, comprese porte e finestre delle case affacciate sulla piazza. Dall’altra, la buona tavola, su cui sfileranno pietanze tipiche della cucina toscana, tutte preparate con prodotti a chilometro 0. Dietro le quinte, l’organigramma si sdoppia. Per promozione, logistica e organizzazione, il punto di riferimento è l’Associazione Culturale Tovaglia a Quadri, mentre i contenuti artistici portano la firma dell’Associazione Teatro Stabile di Anghiari.

Sulla pagina Facebook dell’evento, volti noti e nuovi acquisti del cast si alternano in brevi videointerviste realizzate durante le prove in notturna. Un’edizione che, a sentire gli addetti ai lavori, ha registrato una particolare attesa da parte di pubblico. I biglietti per i 130 posti a sedere disponibili per ciascuna serata, infatti, sono andati esauriti già durante il secondo giorno di prevendita.

Cibo di qualità, comicità e riflessione su passato e presente sono un tris irrinunciabile nella carrellata di notti a tavola apparecchiata del Poggiolino, come spiega Andrea Merendelli, regista e co-autore della sceneggiatura insieme a Paolo Pennacchini.

Bianca: Nelle vostre cene spettacolo è un borgo intero che parla di sé. Tovaglia a Quadri nasce più dalla voglia di raccontarsi o dal desiderio di ascoltare?

A.M. Il racconto e l’ascolto vanno di pari passo. Non c’è racconto senza qualcuno che lo ascolti, lo reinterpreti e lo trasformi in qualcos’altro. Per noi ascoltatori di madri, nonni, zii narratori, la chiave di volta di Tovaglia a Quadri consiste nel mettere insieme la nostra attitudine a raccontare storie con la tavola e la buona cucina.

Bianca: Come prendono vita le storie di Tovaglia a Quadri?

A.M. Vengono fuori dall’osservazione della realtà che ci circonda e che a volte ci dà suggerimenti che superano la più fervida immaginazione. Ma andiamo anche a pescare nella storia recente o antica della nostra città, di tutto il territorio aretino, dalla Toscana in generale. Cercando di far diventare una storia locale godibile anche su un piano universale.

Bianca: Tovaglia a Quadri ha un rapporto molto stretto con il territorio, ma attira anche avventori forestieri che non sempre hanno familiarità con il dialetto e la comicità toscana.

A.M. Ne teniamo assolutamente conto. Il particolare e l’universale convivono nella scrittura e ci domandiamo sempre quanto possa essere riproducibile nell’immaginario di uno straniero tutto quello che raccontiamo. Ci sono argomenti che possono essere tranquillamente ascoltati e interpretati anche da persone che non sono di Anghiari. E, al tempo stesso, comicità toscana sì, ma bisogna distinguere. Siamo abbastanza cauti nell’usare uscite un po’ più violente, dissacratorie, feroci: non vogliamo cadere nel turpiloquio fine a se stesso. In Toscana abbiamo stereotipi di comicità noti e che non ci piacciono molto. Per questo, cerchiamo sempre di capire se il nostro territorio abbia qualcosa da dire che non sia mai stato detto. Noi crediamo di sì.

Bianca: Quali e quanti modi ha un anghiarese per partecipare a questo evento?

A.M. Innanzitutto, gli abitanti del centro storico vedono gratuitamente la prova aperta che facciamo il 9, la sera prima del debutto, in cambio del disturbo che gli diamo con 20 giorni/un mese di prove. Altrimenti possono acquistare i biglietti che, purtroppo e per fortuna al tempo stesso, sono andati esauriti praticamente subito.

Bianca: Il titolo della 23esima edizione è Ci amazzon. Di cosa parla la storia da tavola di quest’anno?

A.M. Il titolo gioca una doppia carta. Da una parte, c’è quella della distruzione delle piccole economie locali e del commercio al dettaglio. Allo stesso tempo, però, richiama una frase ricavata da una lettera che un soldato aretino manda dal fronte alla propria famiglia, in cui scrive che «qui, mamma, c'amazzon tutti». Un appello drammatico che ci dà conto dell’assurdità di una guerra dove sono morti per la maggior parte ragazzi  di 20 anni o meno. Dal primo grande conflitto mondiale passiamo a un’altra guerra, invisibile e globale, che sta mietendo vittime silenziose: gli oltre 60mila negozi che stanno chiudendo in Italia. Tantissimi, nell’aretino. Qui i negozi non si sono saputi re-interpretare né raccontare nel cambiamento, dando per scontato che bastasse alzare una serranda per vendere. Purtroppo non è più così. Quindi, tutto sommato, lo spettacolo è anche un invito a fare di meglio per raccontare se stessi. Il nostro è il territorio del racconto e della memoria. Qui ci sono l’Archivio dei diari e la Libera Università dell’Autobiografia: due pilasti del racconto, spesso visti come istituzioni per intellettuali, insegnanti, giornalisti che vengono qua a fare corsi. In realtà, si tratta di strumenti che potrebbero essere molto utili per fare in modo che le persone sviluppino la propria attitudine a raccontare chi sono.

Bianca: C’è un motto, un insieme di valori a cui si ispira la squadra di Tovaglia a Quadri?

A.M. Assolutamente sì. C’è la musica di tradizione, la canzone di rivolta popolare del ‘900. Ci sono le grandi voci, da Caterina Bueno a Ivan Della Mea, che hanno fatto di queste canzoni un canto di battaglia in un secolo pieno di tormenti ma anche di moti interessanti dal punto di vista sociale. Noi ci sforziamo di mostrare a una comunità come si possa essere meno passivi senza affogare nel virtuale dei social. Per quanto sia comprensibile che la comunicazione passi anche da quello, si perde contatto con la realtà. Stiamo delegando parte delle nostre risorse cerebrali (quindi anche parte del racconto di chi siamo) ai dispositivi, e questo è devastante, per certi versi.

Tags: Anghiari Tovaglia a quadri

Bianca Sestini

Bianca Sestini

Sono laureata in giurisprudenza e ho concluso il praticantato presso la Scuola di Giornalismo "Massimo Baldini" della Luiss di Roma. Parlo Inglese e un po' di Francese. Sono appassionata di fotografia, documentari e podcast della Bbc. Società, viaggi, cultura e scienza sono le aree che sono più curiosa di esplorare.