L’accusa per i 13 imputati, ex dirigenti, funzionari e dipendenti, era di aver truffato i risparmiatori, non informandoli sui rischi delle subordinate emesse da Bpel. Secondo la tesi della procura, che aveva chiesto la loro condanna, quattro dirigenti avrebbero costituito nel 2013 una sorta di “cabina di regia” per spingere i dipendenti della Banca a vendere titoli alla clientela, nascondendone la pericolosità, attraverso un sistema di premi e punizioni.
Il giudice monocratico Angela Avila ha dato lettura in aula della sentenza: nove assoluzioni con formula piena, quattro condanne. È il verdetto del tribunale di Arezzo per il processo di primo grado, nell’ambito dell’inchiesta sul crac di Banca Etruria che riguarda il filone della truffa.
Gli imputati principali sono stati assolti perché il fatto non sussiste e non è stato commesso alcun reato. Si tratta dei dirigenti
Luca Scassellati, Federico Baiocchi Silvestri, Samuele Fedeli e Luigi Fantacchiotti. Per loro il pm
Iulia Maggiore aveva chiesto condanne tra 3 anni e 2 anni e mezzo perché, secondo l’accusa, avrebbero “pressato” i direttori delle filiali a vendere le obbligazioni subordinate a un pubblico indistinto.
Gli altri nove imputati, direttori di filiali e impiegati che materialmente vendettero i titoli ai risparmiatori, accusati di truffa aggravata e per i quali era stata chiesta la condanna a un anno e mezzo di reclusione, cinque dipendenti della banca sono stati assolti perché il fatto non sussiste e non è stato commesso alcun reato, quattro funzionari sono stati condannati a dieci mesi con la non menzione.
Alcuni risparmiatori hanno atteso fuori dal Tribunale la lettura della sentenza molto attesa: proprio da loro erano partite segnalazioni e denunce nei confronti di funzionari e dipendenti della banca.