Martina Rossi, tutto da rifare: per la Cassazione Albertoni e Vanneschi devono tornare a processo

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I giudici della terza sezione penale della Corte di Cassazione hanno annullato la sentenza di assoluzione dei due trentenni per la morte di Martina Rossi, avvenuta il 3 agosto 2011. La Corte di Appello di Firenze ora dovrà riesaminare il caso

Ci sarà un appello bis per far luce sul caso di Martina Rossi, la studentessa ventenne di Genova morta in Spagna il 3 agosto del 2011 cadendo dal balcone di un hotel a Palma di Maiorca dove si trovava in vacanza Lo ha deciso la Cassazione, rinviando a nuovo giudizio i due 28enni aretini prosciolti in appello, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. Il verdetto della Suprema Corte è arrivato dopo una lunga camera di consiglio. La caduta di Martina, archiviata come suicidio dalla giustizia spagnola, è stata oggetto di un nuovo procedimento in Italia: Albertoni e Vanneschi, condannati in primo grado, erano stati assolti in appello. Ma quel processo, ha deciso la Suprema Corte, andrà rifatto. “Ora si faccia giustizia” il commento dei genitori di Martina. Il legale dei due accusati ha annunciato ricorso in appello.

Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi erano nella stanza 609 dell'hotel Santa Ana di Palma di Maiorca insieme alla ventenne Martina Rossi, studentessa di architettura di Milano, quando la ragazza volò dal balcone. La polizia spagnola archiviò il caso come suicidio. In primo grado ad Arezzo, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, 20 anni all'epoca dei fatti, entrambi di Castiglion Fibocchi, accusati di tentata violenza di gruppo e morte come conseguenza di altro reato, furono condannati a sei anni di reclusione.  Secondo il Tribunale di Arezzo, Martina precipitò dal balcone della camera dove alloggiavano i due ragazzi per fuggire a un tentativo di stupro. Il 9 giugno 2020 il verdetto fu ribaltato in appello: tra gli elementi sottovalutati, a detta della procura generale, ci sarebbe un video registrato il 7 febbraio 2012 nella questura di Genova in cui Albertoni e Vanneschi "esultano" perché l'autopsia non aveva individuato segni di violenza. Per il pg Luciana Singlitico "non è stato inteso il senso dell'intercettazione, gli imputati con quelle frasi hanno inconsapevolmente, ma assai efficacemente, fornito la chiave di lettura degli accadimenti, fino a quel momento nascosta". Inoltre, Albertoni raccontò che condivise uno spinello con la ragazza, che poi diede in escandescenza, ma  non vi sarebbe "nessuna certezza sugli esami tossicologici: collegare una sigaretta di hashish, fumata in due, al comportamento di Martina, sembra esagerato" per il sostituto procuratore generale, che a proposito della sentenza di Appello, ha parlato di una "motivazione contraddittoria", una "valutazione frazionata e priva di logica degli indizi", un "travisamento di circostanze decisive". E inoltre "è stato commesso un evidente errore sul punto di caduta della Rossi che ha inficiato tutto il ragionamento probatorio, Nessuna certezza sugli esami tossicologici".

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Il verdetto della Suprema Corte, giunto dopo oltre 5 ore di camera di consiglio, accoglie in pieno le richieste del Pg della suprema corte Angelo Domenico Seccia depositata il 20 dicembre 2020 e della parte civile, i genitori di Martina Rossi: la sentenza è di processo di appello bis, con prescrizione al 20 agosto. A Roma, all'udienza a porte aperte, assenti Albertoni e Vanneschi in contatto con gli avvocati, erano presenti invece Franca Murialdo e Bruno Rossi, i genitori della ragazza, che hanno dichiarato: "Abbiamo fatto un primo pezzo di strada, ora speriamo di correre veloce anche nel prossimo, evitando ostacoli come la prescrizione, affinché si riesca ad affermare le responsabilità per la morte di nostra figlia".

 

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Guido Albucci

Guido Albucci

Di tante passioni, di molti interessi. Curioso per predisposizione, comunicatore per inclinazione e preparazione